METAPSICOLOGIA

METAPSICOLOGIA

• Termine coniato da Freud per designare la psicologia da lui fondata, considerata nella sua dimensione più teorica. La metapsicologia elabora un complesso di modelli concettuali più o meno distanti dall'esperienza come la finzione di un apparato psichico diviso in istanze, la teoria delle pulsioni, il processo della rimozione, ecc.

La metapsicologia prende in considerazione tre punti di vista: dinamico, topico ed economico.

■ Il termine «metapsicologia» si incontra saltuariamente nelle lettere di Freud indirizzate a Fliess. Esso è utilizzato da Freud per definire l'originalità del suo tentativo di edificare una psicologia «...che conduce dietro la coscienza» rispetto alle psicologie classiche della coscienza. Al lettore non sfuggirà l'analogia tra i termini di metapsicologia e di metafisica, analogia che probabilmente è intenzionale da parte di Freud, giacché egli stesso ci ha detto quanto fosse intensa la sua vocazione filosofica: «Spero che mi darai udienza anche per talune questioni metapsicologiche [...]. Quando ero giovane non ero animato da altro desiderio che non fosse quello della conoscenza filosofica, e ora, nel mio passaggio dalla medicina alla psicologia, quel desiderio si sta avverando».

Ma il pensiero di Freud sulle relazioni tra metafisica e metapsicologia va al di là di questo semplice accostamento; in un passo significativo, egli definisce la metapsicologia come un tentativo scientifico per raddrizzare le costruzioni «metafisiche», le quali, al pari delle credenze superstiziose o di certi deliri paranoici, proiettano in forze esterne ciò che in realtà appartiene all'inconscio: «...una gran parte della concezione mitologica del mondo che si estende fino alle religioni più moderne non è altro che psicologia proiettata nel mondo esterno. La conoscenza oscura (la percezione endopsichica per così dire) dei fattori e dei rapporti psichici dell'inconscio si rispecchia [...] nella costruzione di una realtà soprasensibile, che la scienza deve ritrasformare in psicologia dell'inconscio [...]. Si potrebbe avere l'ardire [...] di convertire la metafisica in metapsicologia».

Freud riprenderà, molto più tardi, il termine di metapsicologia, per darne una definizione precisa: «Propongo che si parli di presentazione (Darstellung) metapsicologica quando si riesce a descrivere un processo psichico nelle sue relazioni dinamiche, topiche ed economiche». Bisogna allora ritenere che tutti gli studi teorici che fanno intervenire concetti e ipotesi inerenti a questi tre punti di vista siano scritti metapsicologici, oppure vanno designati così i testi che, più fondamentalmente, elaborano o spiegano le ipotesi sottostanti alla psicologia psicanalitica: «principi» (Prinzipien), «concetti fondamentali» (Grundbegriffe), «modelli teorici» (Darstellungen, Fiktionen, Vorbilder)? In questo senso, un certo numero di testi metapsicologici sono scaglionati lungo l'intera opera di Freud, in particolare il Progetto per una psicologia scientifica (Entwurf einer Psychologie, 1895), il cap. VII di L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900), Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico (Formulierungen über die zwei Prinzipien des psychischen Geschehens, 1911), Al di là del principio di piacere (Jen-seits des Lustprinzips, 1920), L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923), il Compendio di psicanalisi (Abriss der Psychoanalyse, 1938). Infine, nell'anno 1915 Freud ha concepito e realizzato parzialmente il progetto di scrivere degli Elementi per una metapsicologia (Zur Vorbereitung einer Metapsychologie) nell'intento «...di chiarire e approfondire le ipotesi teoriche che si possono porre alla base di un sistema psicanalitico».

APPARATO PSICHICO (o MENTALE).

• Termine che sottolinea determinati caratteri che la teoria freudiana attribuisce allo psichismo: la sua capacità di trasmettere e di trasformare un'energia determinata e la sua differenziazione in sistemi o istanze.

■ In L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900), Freud definisce l'apparato psichico paragonandolo agli strumenti ottici; egli cerca in tal modo, secondo le sue parole, «... di rendere comprensibile la complessità dell'attività psichica scomponendola e assegnando le singole prestazioni alle singole componenti dell'apparato».

Questo passo richiede alcune osservazioni: 1) Parlando di apparato psichico, Freud suggerisce l'idea di una determinata organizzazione interna, ma non si limita a collegare diverse funzioni a «località psichiche» specifiche; egli assegna a queste ultime un dato ordine che implica una determinata successione temporale. La coesistenza dei diversi sistemi che compongono l'apparato psichico non va intesa nel senso anatomico che le darebbe una teoria delle localizzazioni cerebrali. Essa implica soltanto che le eccitazioni devono seguire un ordine che è fissato dal posto dei diversi sistemi.

2) Il termine «apparato» suggerisce l'idea di un compito, anzi di un lavoro. Lo schema prevalente fu mutuato da Freud da una certa concezione dell'arco riflesso secondo cui quest'ultimo trasmetterebbe integralmente l'energia ricevuta: «L'apparato psichico deve essere concepito come un apparato riflesso. Il processo riflesso rimane il modello (Vorbild) di ogni attività psichica».

La funzione dell'apparato psichico è in ultima analisi quella di mantenere al livello più basso possibile l'energia interna di un organismo. La sua differenziazione in sottostrutture aiuta a concepire le trasformazioni dell'energia (dallo stato libero allo stato legato) e il gioco degli investimenti, controinvestimenti, superinvestimenti.

3) Queste brevi osservazioni indicano che l'apparato psichico ha, per Freud, valore di modello o, come diceva egli stesso, di «finzione». Questo modello, come nel primo testo citato più sopra, o anche nel primo capitolo del Compendio di psicanalisi (Abriss der Psychoanalyse, 1938), può essere fisico; altrove esso può essere biologico («la vescicola protoplasmatica» del cap. IV di Al di là del principio di piacere [Jenseits des Lustprinzips, 1920]). Il commento al termine di apparato psichico va ricollegato a un apprezzamento complessivo della metapsicologia freudiana e delle metafore da essa impiegate.

ISTANZA

• Nel quadro di una concezione sia topica che dinamica dell'apparato psichico, una qualsiasi delle diverse sottostrutture. Esempi: istanza della censura (prima topica), istanza del Super-io (seconda topica).

■ Nelle diverse esposizioni che egli ha dato della sua concezione dell'apparato psichico, Freud usa per lo più, per designare le parti o sottostrutture, i termini «sistema» o «istanza». Più raramente si incontrano le parole «organizzazione» (Organisation), «formazione» (Bildung), «provincia» (Provinz).

Il primo termine introdotto da Freud fu quello di «sistema». Esso si riferisce a uno schema essenzialmente topico dello psichismo, in cui quest'ultimo è concepito come una serie di dispositivi attraversati dalle eccitazioni, allo stesso modo in cui la luce passa attraverso i diversi «sistemi» di un apparato ottico. Il termine «istanza» è introdotto in L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900) come sinonimo di sistema ed è usato da Freud fino agli ultimi suoi scritti.

Sebbene questi due termini siano spesso usati l'uno per l'altro, va notato che «sistema» si riferisce a una concezione più esclusivamente topica, mentre «istanza» è un termine con significato sia topico che dinamico. Freud parla per esempio di sistemi mnestici, di sistema percezione-coscienza, e non, in questi casi, di istanza. Inversamente, preferisce parlare di istanze per il Super-io o per la censura, in quanto esercitano un'azione positiva e non sono semplicemente attraversati dalle eccitazioni; il Super-io per esempio è considerato come l'erede dell'«istanza parentale». Notiamo d'altronde che il termine stesso di istanza è introdotto da Freud in L'interpretazione dei sogni per analogia con i tribunali o con le autorità che giudicano di ciò che va lasciato passare.

Nella misura in cui può essere mantenuta questa sfumatura, il termine di sistema corrisponderebbe meglio allo spirito della prima topica freudiana, mentre il termine di istanza alla seconda concezione dell'apparato psichico, che è a un tempo più dinamica e più strutturale.

[Punto di vista] DINAMICO

• Qualifica un punto di vista che considera i fenomeni psichici come risultanti dal conflitto e dalla composizione di forze che esercitano una determinata spinta e sono in ultima analisi di origine pulsionale.

■ Si è spesso sottolineato che la psicanalisi sostituisce a una concezione detta statica dell'inconscio una concezione dinamica. Freud stesso ha notato che ciò che differenzia la sua concezione da quella di Janet può essere espresso nel modo seguente: «Noi non deduciamo la scissione psichica da un'insufficienza congenita dell'apparato psichico alla sintesi, ma la spieghiamo dinamicamente, attraverso il conflitto di forze psichiche contrastanti, riconoscendo in essa il risultato di una lotta attiva tra i due raggruppamenti psichici». La «scissione» in questione è quella tra il cosciente- preconscio e l'inconscio ; ma questa distinzione «topica», anziché fornire la spiegazione del disturbo, presuppone un conflitto psichico. L'originalità della posizione freudiana si manifesta per esempio nella concezione della nevrosi ossessiva: sintomi del tipo dell'inibizione, del dubbio, dell'abulia sono messi da Janet direttamente in rapporto con una insufficienza della sintesi mentale, con una astenia psichica o «psicastenia», mentre per Freud non sono che il risultato di un gioco di forze opposte. Il punto di vista dinamico non implica soltanto la presa in considerazione della nozione di forza (che già si trovava in Janet), ma l'idea che in seno allo psichismo certe forze entrano necessariamente in conflitto tra loro e che la molla del conflitto psichico è costituita in ultima analisi da un dualismo pulsionale.

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Negli scritti di Freud, «dinamico» si riferisce soprattutto all'inconscio in quanto esercita un'azione permanente, che esige una forza contraria, anch'essa permanente, per vietargli l'accesso alla coscienza. Clinicamente, questo carattere dinamico si manifesta sia nella resistenza che si incontra per accedere all'inconscio, sia nella produzione di derivati del rimosso.

Il carattere dinamico si esprime anche nella nozione di formazioni di compromesso, la cui consistenza è dovuta al fatto che esse sono «sostenute dai due lati a un tempo».

Per questo Freud distingue due accezioni del concetto di inconscio: in senso «descrittivo», inconscio designa ciò che è fuori del campo della coscienza e quindi ingloba ciò che egli chiama preconscio; nel senso «dinamico» «...esso non designa pensieri latenti in generale, ma specificamente pensieri latenti con un determinato carattere dinamico, quello cioè per cui son mantenuti separati dalla coscienza nonostante la loro intensità ed efficacia».

(Punto di vista) ECONOMICO

• Qualifica tutto ciò che si riferisce all'ipotesi secondo cui i processi psichici consistono nella circolazione e nella distribuzione di una energia quantificabile (energia pulsionale), cioè suscettibile di aumento, di diminuzione, di equivalenze.

■ 1) Si parla generalmente nella psicanalisi di «punto di vista economico». Freud infatti definisce la metapsicologia come la sintesi di tre punti di vista: dinamico, topico ed economico. Per punto di vista economico egli intende «...il tentativo di seguire il destino delle quantità di eccitazione e di giungere almeno a una stima relativa della loro grandezza». Il punto di vista economico consiste nel prendere in considerazione gli investimenti nella loro mobilità, le variazioni della loro intensità, le opposiziqni che si stabiliscono tra loro (nozione di controinvestimento), ecc. In tutta l'opera di Freud sono presenti considerazioni economiche; non vi può essere infatti per lui una descrizione completa di un processo psichico finché non può essere valutata l'economia degli investimenti.

Questa esigenza del pensiero freudiano ha le sue radici, da un lato, in uno spirito scientifico e in un apparato concettuale completamente impregnati di nozioni energetiche, dall'altro, nella esperienza clinica che impone immediatamente a Freud un certo numero di dati che, a suo avviso, possono essere spiegati solo con un lin-guaggio economico. Per esempio: il carattere irreprimibile del sintomo nevrotico (spesso tradotto nel linguaggio del malato con espressioni come: «È più forte di me»), il sorgere di disturbi d'andamento nevrotico susseguenti a perturbazioni della scarica sessuale (nevrosi attuali); inversamente, l'alleviamento e l'eliminazione dei disturbi quando il soggetto può liberarsi (catarsi), durante la cura, degli affetti «bloccati» in lui (abreazione); la separazione effettivamente costatata nel sintomo e nel corso del trattamento tra la rappresentazione e l'affetto che le era originariamente legato (conversione, rimozione, ecc.); la scoperta di catene associative tra una rappresentazione che non provoca una sensibile reazione affettiva e un'altra apparentemente anodina che invece ne provoca una intensa: questo ultimo fatto suggerisce l'idea di una vera carica affettiva che si sposta da un elemento a un altro lungo una via conduttrice.

Simili dati sono alla base dei primi modelli elaborati da Breuer nelle sue Considerazioni teoriche (Studi sull'isteria [Studien über Hysterien], 1895) e da Freud (Progetto per una psicologia scientifica [Entwurf einer Psychologie], 1895, completamente edificato sulla nozione di una quantità di eccitazione che si sposta lungo catene neuroniche; cap. VII di L'interpretazione dei sogni [Die Traumdeutung, 1900).

Successivamente, tutta una serie di altre costatazioni cliniche e terapeutiche non faranno che rafforzare l'ipotesi economica. Per esempio:

a) Lo studio di stati come il lutto o le nevrosi narcisistiche che convalidano l'idea di un vero bilancio energetico tra i diversi investimenti del soggetto: al distacco dal mondo esterno corrisponde un aumento dell'investimento assegnato alle formazioni intrapsichiche.

b) L'interesse per le nevrosi di guerra e in generale per le nevrosi traumatiche in cui i disturbi appaiono provocati da uno shock troppo intenso, un afflusso di eccitazioni eccessivo rispetto alla tolleranza del soggetto.

c) I limiti dell'efficacia dell'interpretazione e più generalmente dell'azione terapeutica in alcuni casi ribelli, che inducono a invocare la forza rispettiva delle istanze interessate, in particolare la forza, costituzionale o attuale, delle pulsioni.

2) L'ipotesi economica è costantemente presente nella teoria freudiana e si traduce in una serie di strumenti concettuali: l'idea fondamentale sembra essere quella di un apparato (chiamato dapprima «neuronico» e poi, definitivamente, «psichico»), che ha la funzione di mantenere al livello più basso possibile l'energia che circola in esso. Questo apparato compie un determinato lavoro descritto da Freud in diversi modi: trasformazione dell'energia libera in energia legata, differimento della scarica, elaborazione psichica delle eccitazioni, ecc. Questa elaborazione psichica suppone la distinzione tra rappresentazione e importo d'affetto o somma di eccitazione, capace di circolare lungo catene associative, di investire una rappresentazione o un complesso rappresentativo, ecc. Da ciò deriva l'aspetto economico che rivestono le nozioni di spostamento e di condensazione.

L'apparato psichico riceve eccitazioni di origine esterna o interna; queste ultime, ossia le pulsioni, esercitano una spinta costante che costituisce una «esigenza di lavoro». In generale, tutto il funzionamento dell'apparato può essere descritto in termini economici come gioco di investimenti, disinvestimenti, controinvestimenti, su- perinvestimenti.

L'ipotesi economica è in stretto rapporto con gli altri punti di vista della metapsicologia: topico e dinamico. Freud definisce infatti ciascuna delle istanze dell'apparato in base alla modalità specifica di circolazione dell'energia: per esempio, nel quadro della prima teoria dell'apparato psichico, energia libera del sistema Inc, energia legata del sistema Prec, energia mobile di superinvestimento per la coscienza.

Parimenti, la nozione dinamica di conflitto psichico implica, secondo Freud, che vengano presi in considerazione i rapporti tra le forze in presenza (forza delle pulsioni, dell'Io, del Super-io). L'importanza del «fattore quantitativo» nell'eziologia della malattia come nell'esito terapeutico è sottolineata con particolare chiarezza in Analisi finita e infinita (Die endliche und die unendliche Analyse, 1937).

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Il punto di vista economico è spesso considerato l'aspetto più ipotetico della metapsicologia freudiana: cos'è mai questa energia continuamente invocata dagli psicanalisti? A questo riguardo faremo alcune osservazioni:

1) Le stesse scienze fisiche non si pronunciano sulla natura ultima delle grandezze di cui studiano le variazioni, le trasformazioni, le equivalenze. Esse si limitano a definirle mediante i loro effetti (per esempio, la forza è ciò che produce un certo lavoro), e di compararle tra loro (una forza è misurata in base a un'altra o meglio i loro effetti sono confrontati tra loro). Sotto questo aspetto, la posizione di Freud non fa eccezione: egli definisce la spinta della pulsione come «...la quantità di esigenza di lavoro imposta all'apparato psichico» e riconosce facilmente «...che non sappiamo nulla sulla natura del processo di eccitazione negli elementi dei sistemi psichici e che non ci sentiamo autorizzati a fare in proposito nessuna ipotesi. Operiamo quindi sempre con una X maiuscola che riportiamo in ogni nuova formula».

2) Freud quindi fa appello all'energia solo come sostrato delle trasformazioni, che gli sembrano attestate da numerosi fatti dell'esperienza. La libido, o energia delle pulsioni sessuali, lo interessa in quanto può spiegare i cambiamenti del desiderio sessuale per quanto riguarda l'oggetto, la meta, la fonte delle eccitazioni. Per esempio, un sintomo mobilita una determinata quantità di energia, sottraendola ad altre attività, il narcisismo o investimento libidico dell'Io si rafforza a spese dell'investimento degli oggetti, ecc.

Freud arrivava a pensare che questa grandezza quantitativa fosse, in linea di principio, misurabile e che forse sarebbe stata misurata un giorno.

3) Volendo precisare la natura dei fatti che il punto di vista economico intende spiegare, si può forse affermare che ciò che Freud interpreta con un linguaggio fisicalista corrisponde a ciò che può essere descritto, in una prospettiva meno distante dall'esperienza, come il mondo dei «valori». D. Lagache ha insistito, richia-mandosi alla fenomenologia, sull'idea secondo cui l'organismo struttura il suo ambiente e la sua stessa percezione degli oggetti in funzione dei suoi interessi vitali, valorizzando nel suo ambiente certi oggetti, certi campi, certe differenze percettive (nozione di Umzvelt); per ogni organismo è presente la dimensione assiologica purché non si limiti il concetto di valore al campo morale, estetico, logico, in cui i valori sono definiti in base alla loro irriducibilità all'ordine di fatto, alla loro universalità di diritto, alla loro esigenza categorica di compimento, ecc. Per esempio, l'oggetto investito dalla pulsione orale è perseguito come ciò-che-deve-esscre-assorbito, come valore-cibo. L'oggetto fobico non è semplicemente fuggito, ma è «ciò-che- deve-cssere-evitato», intorno al quale si organizza una certa struttura spazio-temporale.

Va notato tuttavia che tale prospettiva può includere tutto il contenuto dell'ipotesi economica solo se si concepiscono i «valori» come capaci di scambiarsi gli uni con gli altri, di spostarsi, di equivalersi, all'interno di un sistema in cui la «quantità di valore»a disposizione del soggetto è limitata. Va inoltre sottolineato che Freud considera l'economia non tanto nel campo delle pulsioni di autoconservazione — in cui pure sono manifesti gli interessi, gli appetiti, gli oggetti-valori — quanto in quello delle pulsioni sessuali, che son capaci di trovare il loro soddisfacimento in oggetti molto distanti dall'oggetto naturale. Ciò che Freud intende per economia libidica è precisamente la circolazione di valore che si svolge all'interno dell'apparato psichico, all'insaputa del soggetto che non riesce a percepire la soddisfazione sessuale nella sofferenza del sintomo.

(Punto di vista) TOPICO, TOPICA.

• Teoria o punto di vista che suppone una differenziazione dell'apparato psichico in un certo numero di sistemi dotati di caratteri o di funzioni diverse, e disposti in un certo ordine gli uni rispetto agli altri, il che permette di considerarli metaforicamente come luoghi psichici di cui si può dare una raffigurazione spaziale.

Si parla correntemente di due topiche freudiane: la prima in cui la distinzione principale è tra Inconscio, Preconscio e Cosciente, la seconda che distingue tre istanze: l'Es, l'Io, il Super-io.

■ II termine topico, che significa teoria dei luoghi (dal greco topoi) appartiene fin dall'antichità al linguaggio filosofico. Per gli antichi, in particolare per Aristotele, i luoghi costituiscono degli argomenti aventi un valore logico o retorico, da cui sono tratte le premesse dell'argomentazione. È interessante notare che il termine di topica è stato utilizzato da Kant. Per topica trascendentale egli intende «...la determinazione del posto che spetta a ciascun concetto [...]; [essa distinguerebbe] costantemente a quale facoltà conoscitiva i concetti appartengono propriamente».

I. L'ipotesi freudiana di una topica psichica sorge in un complesso contesto scientifico (neurologia, psicofisiologia, psicopatologia), di cui ci limiteremo a indicare gli elementi più immediatamente determinanti.

1) La teoria anatomico-fisiologica delle localizzazioni cerebrali che predominava nella seconda metà del XIX secolo mirava a far dipendere da supporti neurologici rigorosamente localizzati delle funzioni molto specializzate o dei tipi specifici di rappresentazioni o di immagini, che sarebbero state come immagazzinate in una parte della corteccia cerebrale. Nell'opuscolo che egli dedica nel 1891 alla questione dell'afasia, che era allora all'ordine del giorno, Freud critica tale teoria che egli qualifica come topica; mostra i limiti e le contraddizioni dei complicati schemi anatomici che erano allora proposti da autori come Wernicke e Lichtheim e sostiene che occorre completare l'utilizzazione dei dati topici della localizzazione con una spiegazione di tipo funzionale.

2) Nel campo della psicologia patologica, una lunga serie di osservazioni impone l'idea di collegare a gruppi psichici diversi, in modo quasi realistico, comportamenti, rappresentazioni, ricordi che non sono continuamente e interamente a disposizione del soggetto, ma possono manifestare ciononostante la loro efficacia: fenomeni ipnotici, caso di «doppia personalità», ecc.

È questo il terreno in cui sorge la scoperta freudiana dell'inconscio; essa però non si limita a riconoscere l'esistenza di luoghi psichici distinti, ma attribuisce a ciascuno di essi una natura e un modo di funzionamento differenti. Già negli Studi sull'isteria (Studien über Hysterie, 1895) la concezione dell'inconscio implica una differenziazione topica dell'apparato psichico: l'inconscio stesso comporta una organizzazione in strati e l'indagine analitica si svolge necessariamente per determinate vie che presuppongono un determinato ordine tra i gruppi di rappresentazioni. L'organizzazione dei ricordi, ordinati in «archivi» veri e propri intorno a un «nucleo patogeno», non è soltanto cronologica, ma ha anche un senso logico, in quanto le associazioni tra le varie rappresentazioni si effettuano in modi diversi. Inoltre, la presa di coscienza, la reintegrazione dei ricordi inconsci nell'Io, è descritta in base a un modello spaziale, in cui la coscienza è definita come una «sfilata» che lascia passare solo un ricordo alla volta nello «spazio dell'Io».

3) È noto che Freud ha reso sempre omaggio a Breuer per un'ipotesi che è essenziale a una teoria topica dello psichismo: se l'apparato psichico è costituito di diversi sistemi, questa differenziazione deve avere un significato funzionale. In particolare, una stessa parte dell'apparato non può adempiere le due funzioni contraddittorie della recezione delle eccitazioni e della conservazione delle loro tracce.

4) Infine, lo studio dei sogni, dimostrando la validità dell'idea di un campo inconscio con proprie leggi di funzionamento, rinsalda l'ipotesi di una separazione tra i sistemi psichici. Freud ha sottolineato, su questo punto, il valore dell'intuizione di Fechner, quando questi ha riconosciuto che le scene oniriche sono non già il prolun-gamento indebolito dell'attività rappresentativa vigile, bensì effettivamente un'«altra scena».

II. La prima concezione topica dell'apparato psichico è presentata nel capitolo VII di L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900); ma è possibile seguire la sua evoluzione a partire dal Progetto per una psicologia scientifica (Entwurf einer Psychologie, 1895), in cui essa è esposta ancora nel quadro neurologico di un apparato neuronico, poi attraverso le lettere a Fliess, specie le lettere dell'1 gennaio 1896 e del 6 dicembre 1896. È noto che questa prima topica (che sarà sviluppata ulteriormente nei testi metapsicologici del 1915) distingue tre sistemi, inconscio, preconscio e cosciente, che hanno ciascuno la loro funzione, il loro tipo di processo, la loro energia di investimento e i loro contenuti rappresentativi. Tra ciascuno di questi sistemi, Freud pone delle censure che inibiscono e controllano il passaggio dall'uno all'altro. Il termine di censura, come altre immagini di Freud («anticamera», «frontiere» tra sistemi), sottolinea l'aspetto spaziale della teoria dell'apparato psichico.

Il punto di vista topico va al di là di questa differenziazione fondamentale. Da un lato, Freud, negli schemi del capitolo VII di L'interpretazione dei sogni nonché nella lettera del 6 dicembre 1896, postula l'esistenza di una successione di sistemi mnestici costituiti da gruppi di rappresentazioni che sono caratterizzati da leggi asso-ciative distinte. D'altro lato, la distinzione tra i sistemi corrisponde a un certo ordinamento, sicché il passaggio dell'energia da un punto a un altro deve seguire un determinato ordine di successione: i sistemi possono essere percorsi in una direzione normale, «progrediente», o in un senso regressivo ; la cosiddetta «regressione topica» è esemplificata dal fenomeno del sogno, in cui i pensieri possono assumere un carattere visivo fino all'allucinazione, regredendo così ai tipi di immagini più vicini alla percezione, che è situata all'origine del percorso dell'eccitazione.

Come intendere la nozione di luogo psichico che è presupposta dalla teoria freudiana? Sarebbe erroneo, come ha insistito Freud, vedere in essa semplicemente un nuovo tentativo di localizzazione anatomica delle funzioni: «Lascerò completamente da parte il fatto che l'apparato psichico di cui parliamo ci è noto anche come preparato anatomico, ed eviteremo accuratamente qualsiasi tentazione di determinare anatomicamente la località psichica». Va notato tuttavia che in realtà il riferimento anatomico è lungi dall'essere assente; in L'interpretazione dei sogni, tutto il processo psichico si situa tra una estremità percettiva e una estremità motoria dell'apparato: lo schema dell'arco riflesso, a cui ricorre Freud in questo contesto, oltre a fungere da «modello», conserva il suo valore intrinseco. In seguito, Freud continua a più riprese a cercare, se non delle corrispondenze precise, almeno delle analogie, o forse delle metafore, nella struttura spaziale del sistema nervoso. Egli sostiene per esempio che esiste un rapporto tra il fatto che il sistema Percezione-Coscienza riceve le eccitazioni esterne e la posizione periferica della corteccia cerebrale.

Freud tuttavia rimane sempre fedele a ciò che egli considera come l'originalità del suo tentativo: «...rendere comprensibile la complessità del funzionamento psichico decomponendo tale funzionamento e assegnando ogni funzione particolare alle varie parti dell'apparato». La nozione di «luogo psichico» implica, come si vede, una esteriorità delle parti tra loro e una specializzazione di ciascuna parte. Essa permette inoltre di dedurre l'ordine di successione delle fasi di un processo che si svolge nel tempo.

Infine, il paragone stabilito da Freud tra l'apparato psichico e un apparato ottico (un microscopio complesso, per esempio) chiarisce ciò che egli intende per «luogo psichico»: i sistemi psichici corrisponderebbero più ai punti virtuali dell'apparato situati tra due lenti che non ai suoi pezzi materiali.

III. La tesi fondamentale della distinzione tra sistemi, e soprattutto della separazione tra Inconscio e Preconscio-Cosciente non può essere disgiunta dalla concezione dinamica, essa pure essenziale alla psicanalisi, secondo cui i sistemi sono in conflitto tra loro. Il collegamento tra questi due punti di vista pone il problema dell'origine della distinzione topica. Molto schematicamente, si potrebbero trovare nell'opera di Freud due soluzioni molto diverse: l'una che è contrassegnata dal genetismo e che verrà rafforzata nella seconda teoria dell'apparato psichico, consiste nel supporre una emergenza e una differenziazione graduale delle istanze a partire da un sistema inconscio che affonda le sue radici nel sostrato biologico («tutto ciò che è conscio è stato prima inconscio»); l'altra si propone di spiegare la costituzione di un inconscio mediante il processo della rimozione, inducendo così Freud a postulare in un primo tempo una rimozione originaria.

IV. A partire dal 1920, Freud ha elaborato un'altra concezione della personalità (la cosiddetta «seconda topica»). Il motivo fondamentale che è addotto di solito per spiegare questo cambiamento consiste nell'importanza sempre maggiore attribuita alle difese inconsce, il che impedisce di far coincidere i poli del conflitto difensivo con i sistemi precedentemente definiti: il rimosso con l'Inconscio e l'Io con il sistema Preconscio-Cosciente.

In realtà, il senso di questa revisione non è riducibile all'idea delle difese inconsce, che d'altronde era presente da tempo in Freud in modo più o meno esplicito. Una delle scoperte principali che l'ha resa necessaria è quella del ruolo svolto dalle varie identificazioni nella costituzione della persona e delle formazioni permanenti che esse vi depositano (ideali, istanze critiche, immagini di sé). Nella sua forma schematica, questa seconda teoria fa intervenire «tre istanze», l'Es, polo pulsionale della personalità, l'Io, istanza che si pone come rappresentante degl'interessi della totalità della persona e in quanto tale è investita di libido narcisistica, e il Super-io, istanza che giudica e critica e che deriva dall'interiorizzazione delle esigenze e dei divieti parentali. Questa concezione non coinvolge soltanto le relazioni tra queste tre istanze, ma distingue in seno a esse delle formazioni più specifiche (Io ideale, ideale dell'Io, per esempio) e fa quindi intervenire, oltre alle relazioni «intersistemiche», delle relazioni «intrasistemiche»; d'altra parte, essa induce ad annettere una particolare importanza alle «relazioni di dipendenza» esistenti tra i vari sistemi e in particolare a ritrovare nell'Io, nelle sue stesse attività «adattative», il soddisfacimento di rivendicazioni pulsionali.

Che cosa diventa, in questa nuova «topica», l'idea di luogo psichico? Già la scelta delle denominazioni delle istanze mostra che il modello non è tratto più dalle scienze fisiche, ma ha assunto un netto carattere antropomorfico: il campo intrasoggettivo tende a essere concepito secondo il modello delle relazioni intersoggettive; i sistemi si configurano come persone relativamente autonome nella personalità (si dice per esempio che il Super-io si comporta in modo sadico nei confronti dell'Io). Da questo punto di vista, la teoria scientifica dell'apparato psichico tende ad assomigliare al modo fantasmatico con cui il soggetto concepisce e forse anche costruisce se stesso.

Freud non ha mai rinunciato a cercare una conciliazione tra le sue due topiche e ha fornito più volte una raffigurazione spaziale dell'insieme dell'apparato psichico in cui coesistono le divisioni Io-Es-Super-io e le divisioni inconscio-preconscio-cosciente. L'esposizione più precisa di tale tentativo si trova nel capitolo IV del Compendio di psicanalisi (Abriss der Psychoanalyse, 1958).

COSCIENZA (PSICOLOGICA)

• Secondo la teoria metapsicologica di Freud, la coscienza sarebbe la funzione di un sistema, il sistema percezione-coscienza (P-C).

Dal punto di vista topico, il sistema percezione-coscienza è situato alla periferia dell'apparato psichico e riceve sia le informazioni fornite dal mondo esterno sia quelle provenienti dall'interno, cioè la sensazioni di dispiacere-piacere e le revivi-scenze mnestiche. Spesso Freud attribuisce la funzione della percezione-coscienza al sistema preconscio, che è allora chiamato sistema preconscio-cosciente (Prec-C).

Dal punto di vista funzionale, il sistema percezione-coscienza si oppone ai sistemi di tracce mnestiche, cioè all'inconscio e al preconscio: su di esso non viene registrata alcuna traccia durevole delle eccitazioni. Dal punto di vista economico, esso è caratterizzato dal fatto che dispone di una energia liberamente mobile, capace di superinvestire questo o quell'elemento (meccanismo dell'attenzione ).

La coscienza svolge un ruolo importante nella dinamica del conflitto (evitamento cosciente dello sgradevole, regolazione più discriminatrice del principio di piacere) e della cura (funzione e limite della presa di coscienza); ma non può essere definita come uno dei poli in gioco nel conflitto difensivo.

■ La teoria psicanalitica si è costituita rifiutando di definire il campo dello psichismo mediante la coscienza; ma non per questo ha considerato la coscienza come un fenomeno inessenziale. In questo senso, Freud ha criticato la pretesa di alcune tendenze della psicologia: «Una tendenza estrema, come, per esempio, quella del behaviorismo nata in America, pensa di poter istituire una psicologia che non tenga conto di questo fatto fondamentale!».

Freud considera la coscienza come un dato dell'esperienza individuale, che si offre all'intuizione immediata, e non ne dà una nuova descrizione. Si tratta di «...un fatto senza equivalenti che non si può né spiegare né descrivere [...]. Tuttavia, quando si parla di coscienza, ciascuno sa immediatamente, per esperienza, di cosa si tratta».

Questa duplice tesi — la coscienza ci dà soltanto un'informazione lacunosa sui nostri processi psichici, che sono per la maggior parte inconsci; ma, nel contempo, non è affatto indifferente che un fenomeno sia conscio o no — esige una teoria della coscienza che determini la sua funzione e il suo posto.

Già nel primo modello metapsicologico di Freud sono presenti due affermazioni essenziali: da un lato, Freud assimila la coscienza alla percezione e considera come essenza di quest'ultima la capacità di ricevere le qualità sensibili; dall'altro, egli affida questa funzione di percezione-coscienza a un sistema (il sistema (ω o W), autonomo rispetto all'insieme dello psichismo e funzionante in base a principi puramente quantitativi. «La coscienza ci dà ciò che noi chiamiamo qualità: sensazioni che mostrano grandi varietà di "differenze" e le cui "differenze" dipendono dai rapporti con il mondo esterno. Tra queste differenze vi sono serie, somiglianze, eccetera, ma non vi è nulla di quantitativo».

La prima di queste tesi sarà mantenuta da Freud in tutta la sua opera: «In base ad essa la coscienza è il lato soggettivo di una parte dei processi fisici del sistema neuronico, cioè dei processi percettivi...». Essa attribuisce una priorità, nel fenomeno della coscienza, alla percezione e principalmente alla percezione del mondo esterno: «L'accesso alla coscienza è legato anzitutto alle percezioni che i nostri organi sensoriali ricevono dal mondo esterno». Nella teoria dell'esame di realt* si nota una sinonimia significativa tra i termini: segno di qualità, segno di percezione e segno di realtà. All'inizio esiste una «equazione: percezione-realtà (mondo esterno)». La coscienza dei fenomeni psichici è anch'essa inseparabile dalla percezione delle qualità: la coscienza non è altro che un «...organo di senso per la percezione di qualità psichiche». Essa percepisce gli stati di tensione pulsionale e le scariche delle eccitazioni, sotto forma di qualità di dispiacere-piacere. Ma il problema più difficile è posto dalla coscienza di ciò che Freud chiama «processo di pensiero», intendendo con ciò sia la reviviscenza dei ricordi che il ragionamento e, in generale, tutti i processi in cui entrano in gioco delle «rappresentazioni». In tutta la sua opera, Freud ha mantenuto una teoria che fa dipendere la presa di coscienza dei processi ideativi dalla loro associazione con «residui verbali» (Wortreste). Questi ultimi (per il carattere di nuova percezione inerente alla loro riattivazione: le parole rievocate sono, almeno allo stato incipiente, ripronunciate) consentono alla coscienza di trovare una specie di punto di ancoraggio a partire dal quale può irradiarsi la sua energia di superinvestimento: «Per conferire una qualità [ai processi ideativi], essi vengono, nell'uomo, associati ai ricordi verbali, i cui residui qualitativi bastano ad attrarre l'attenzione della coscienza e, a partire da questa, a dirigere sul pensiero una nuova carica energetica mobile».

Questo legame della coscienza con la percezione induce Freud a riunirle per lo più in un solo sistema, che egli chiama sistema ω nel Progetto per una psicologia scientifica (Entwurf einer Psychologie, 1895) e «percezione-coscienza» (P-C) a partire dai lavori metapsicologici del 1915. La separazione di questo sistema da tutti quelli che sono il luogo di registrazione di tracce mnestiche (Prec e Inc) si fonda, per una specie di deduzione logica, su un'idea già sviluppata da Breuer nelle Considerazioni teoriche (Theoretisches, 1895): «Impossibile che un medesimo organo soddisfi a queste due condizioni incompatibili tra loro»: ripristinare il più rapidamente possibile lo status quo ante, per poter accogliere nuove percezioni, e immagazzinare impressioni per poterle riprodurre. Freud completerà più tardi questa idea con una formula che intende spiegare l'apparizione «inesplicabile» della coscienza: «...essa sorge nel sistema percettivo al posto delle tracce durevoli» (5 a).

*

La collocazione topica della coscienza non è priva di difficoltà: se nel Progetto essa è situata «nei livelli superiori» del sistema, presto la sua congiunzione intima con la percezione indurrà Freud a porla alla periferia tra il mondo esterno e i sistemi mnestici: l'apparato percettivo psichico comprende due strati: uno esterno, lo schermo antistimolo, destinato a ridurre la grandezza delle eccitazioni che arrivano dal di fuori, l'altro, situato dietro al precedente, che è una superficie ricettrice di eccitazioni, il sistema P-C. Questa situazione periferica prefigura quella che sarà assegnata all'Io; in L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923) Freud vede nel sistema P-C il «nucleo dell'Io»: «...l'Io è la parte dell'Es che è modificata dall'influenza diretta del mondo esterno con la mediazione del P-C; in un certo modo esso è una continuazione della differenziazione superficiale».

Dal punto di vista economico, la coscienza ha posto a Freud un problema particolare. La coscienza infatti è un fenomeno qualitativo, suscitato dalla percezione delle qualità sensoriali; i fenomeni quantitativi di tensione e di distensione diventano coscienti solo sotto forma qualitativa. Ma, d'altra parte, una funzione eminentemente legata alla coscienza come quella dell'attenzione, che presenta variazioni d'intensità, o un processo come l'accesso alla coscienza (Bewusstwerden), che svolge un ruolo così importante nella cura, esigono pure un'interpretazione in termini economici. Freud formula l'ipotesi che l'energia dell'attenzione che, per esempio, «super- investe» una percezione, è una energia proveniente dall'Io (Entwurf), o dal sistema P (Traumdeutung), e orientata dai segni qualitativi forniti dalla coscienza: «La regola biologica dell'attenzione, per quanto riguarda l'Io, si può enunciare nel modo seguente: quando appare un segno di realtà, la carica percettiva che è già presente deve essere superinvestita».

Analogamente, l'attenzione inerente ai processi ideativi consente una loro regolazione più precisa di quella fornita dal solo principio di piacere: «Vediamo che la percezione, attraverso i nostri organi di senso, ha per conseguenza di dirigere un investimento d'attenzione verso le vie per le quali si diffonde l'eccitazione sensoriale afferente; l'eccitazione qualitativa del sistema P serve da regolatrice del decorso della quantità mobile presente nell'apparato psichico. Possiamo valerci della stessa funzione per l'organo di senso sovrastante, quello del sistema C. Percependo nuove qualità, esso offre un nuovo contributo alla direzione e alla distribuzione funzionale delle quantità mobili di carica energetica».

Infine, dal punto di vista dinamico si può notare una certa evoluzione per quanto riguarda l'importanza attribuita da Freud al fattore coscienza, sia nel processo difensivo che nell'efficacia della cura. Senza pretendere di descrivere tale evoluzione, possiamo indicarne alcuni elementi.

1) Un meccanismo come quello della rimozione è concepito agli inizi della psicanalisi come un rifiuto intenzionale ancora vicino al meccanismo dell'attenzione: «La scissione della coscienza in tali casi di isteria acquisita è [...] voluta, intenzionale, o per lo meno promossa per lo più da un atto volontario».

È noto che l'accentuazione sempre maggiore del carattere almeno parzialmente inconscio delle difese e della resistenza nella cura indurrà Freud a rielaborare la nozione d'Io e a formulare la sua seconda teoria dell'apparato psichico.

2) Una tappa importante di questa evoluzione è segnata dagli scritti metapsicologici del 1915 in cui Freud afferma che «... il fatto di essere cosciente, unico carattere dei processi psichici che ci sia dato in modo immediato, non è in alcun modo atto a fornire un criterio di distinzione tra sistemi». Freud non intende rinunciare con ciò all'idea che la coscienza deve essere attribuita a un sistema, a un vero «organo» specializzato; ma nota che la capacità di accedere alla coscienza non basta per caratterizzare la posizione topica di un contenuto nel sistema preconscio o nel sistema inconscio: «Se vogliamo trovare una via verso una concezione metapsi- cologica della vita psichica, dobbiamo imparare a emanciparci dalla importanza attribuita al sintomo "essere cosciente"».

3) Nella teoria della cura, la problematica della presa di coscienza e della sua efficacia è rimasta un tema fondamentale di riflessione. In tale contesto, bisogna valutare l'importanza relativa e il gioco combinato dei diversi fattori che intervengono nella cura: rievocazione e costruzione, ripetizione nel transfert ed elaborazione, interpretazione infine, la cui incidenza non si limita a una comunicazione cosciente ma provoca delle ristrutturazioni. «La cura psicanalitica si fonda sull'influenza del C sull'Inc e ci mostra che tale compito, per quanto difficile, non è comunque impossibile». Ma, d'altro lato, Freud ha sempre più sottolineato il fatto che non basta comunicare al malato una interpretazione, anche se completamente adeguata, di un fantasma inconscio, per provocare delle ristrutturazioni: «Se comunichiamo a un paziente una rappresentazione che egli aveva rimosso, ma che noi abbiamo indovinato, ciò non cambia nulla in un primo momento nel suo stato psichico. Soprattutto ciò non toglie la rimozione e non annulla i suoi effetti...».

Il passaggio alla coscienza non implica di per sé un'effettiva integrazione del rimosso nel sistema preconscio, ma deve essere completato con tutto un lavoro capace di eliminare le resistenze che ostacolano la comunicazione tra i sistemi inconscio e preconscio e di stabilire un legame sempre più stretto fra le tracce mnestiche inconsce e la loro verbalizzazione. Solo al termine di questo lavoro possono ricongiungersi «...il fatto di aver udito e quello di aver vissuto, [che] sono di una natura psicologica assolutamente diversa, anche quando il loro contenuto è lo stesso». La fase dell'elaborazione terapeutica* sarebbe quella che consente questa graduale integrazione nel preconscio.

PRECONSCIO

• A) Termine utilizzato da Freud nel quadro della sua prima topica: come sostantivo, esso designa un sistema dell'apparato psichico nettamente distinto dal sistema inconscio; come aggettivo, esso qualifica le operazioni e i contenuti di tale sistema preconscio (Prec). Questi ultimi non sono presenti nel campo attuale della coscienza e sono quindi inconsci nel senso «descrittivo» del termine, ma si distinguono dai contenuti del sistema inconscio in quanto rimangono in linea di diritto accessibili alla coscienza (conoscenze e ricordi non attualizzati, per esempio).

Dal punto di vista metapsicologico, il sistema preconscio è retto dal processo secondario. Esso è separato dal sistema inconscio mediante la censura che, non consente ai contenuti e ai processi inconsci di passare nel Prec senza subire trasformazioni.

B) Nel quadro della seconda topica freudiana, il termine di preconscio è utilizzato soprattutto come aggettivo, per qualificare ciò che sfugge alla coscienza attuale senza essere inconscio nel senso stretto. Dal punto di vista sistematico, esso qualifica dei contenuti e processi attribuiti prevalentemente all'Io e anche al Super-io.

■ La distinzione tra preconscio e inconscio è fondamentale per Freud, anche se egli talvolta, con intento apologetico, si è fatto forte dell'esistenza incontestabile di una vita psicologica trascendente il campo della coscienza attuale per difendere la possibilità di uno psichismo inconscio in generale. In realtà, se si intende inconscio nel senso che Freud chiama «descrittivo» — ciò che sfugge alla coscienza —, la distinzione tra preconscio e inconscio scompare. Essa infatti deve essere intesa essenzialmente nelle sue accezioni topica (o sistematica) e dinamica.

Tale distinzione è stabilita molto presto da Freud nel corso dell'elaborazione delle sue concezioni metapsicologiche. In L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900), il sistema preconscio è collocato tra il sistema inconscio e la coscienza ed è separato dal primo mediante la censura che cerca di interdire ai contenuti inconsci la via verso il preconscio e la coscienza; all'altro estremo, esso controlla l'accesso alla coscienza e alla motilità. Si può in questo senso far dipendere la coscienza dal preconscio: Freud parla infatti di sistema Prec-C; ma in altri passi di L'interpretazione dei sogni il preconscio e il cosiddetto sistema percezione-coscienza sono nettamente delimitati l'uno dall'altro. Tale ambiguità dipenderebbe dal fatto che la coscienza si presta male, come ha notato successivamente Freud, a considerazioni strutturali.

Freud sottopone il passaggio dal preconscio al cosciente all'azione di una «seconda censura»; ma questa si differenzia dalla censura propriamente detta (tra Inc e Prec) in quanto seleziona, più che deformare, e ha essenzialmente la funzione di evitare l'arrivo alla coscienza di preoccupazioni perturbanti. Essa favorisce così l'esercizio dell'attenzione.

Il sistema preconscio è specificato rispetto al sistema inconscio dalla forma della sua energia (energia «legata») e dal processo che in esso si compie (processo secondario). Va notato tuttavia che questa distinzione non è assoluta: alcuni contenuti dell'inconscio, come ha osservato Freud, sono modificati dal processo secondario (per esempio, i fantasmi), mentre elementi preconsci possono essere retti dal processo primario (resti diurni del sogno, per esempio). In generale, si può riconoscere nell'aspetto difensivo delle operazioni preconsce il dominio del principio di piacere e l'influenza del processo primario.

Freud ha sempre attribuito la differenza tra Inc e Prec al fatto che la rappresentazione preconscia è legata al linguaggio verbale, alle «rappresentazioni di parole».

Aggiungiamo che la relazione tra preconscio e Io è evidentemente molto stretta. È significativo che la prima volta in cui Freud introduce il preconscio, lo assimila al «nostro Io ufficiale». E quando, con la seconda topica, l'Io è ridefinito, sebbene il sistema preconscio non sia confuso con l'Io che è in parte inconscio, esso è naturalmente incluso nell'Io. Infine, nell'istanza del Super-io enucleata nella seconda topica, si possono mettere in evidenza degli aspetti preconsci.

*

A cosa corrisponde nell'esperienza vissuta del soggetto e più particolarmente nell'esperienza della cura la nozione di preconscio? Per lo più viene fornito l'esempio dei ricordi non attualizzati, che il soggetto può rievocare. Più in generale, il preconscio designerebbe ciò che è implicitamente presente nell'attività mentale, senza essere posto per questo come oggetto della coscienza; è ciò che intende dire Freud quando definisce il preconscio come «descrittivamente» inconscio ma accessibile alla coscienza, mentre l'inconscio è separato dalla coscienza.

In L'inconscio (Das Unbewusste, 1915), Freud parla del sistema preconscio come «conoscenza cosciente» (bewusste Kenntnis); sono termini significativi che sottolineano la distinzione dall'inconscio: «conoscenza» implica che si tratta di un certo sapere concernente il soggetto e il suo mondo personale ; «cosciente» indica che contenuti e processi, per quanto non-coscienti, sono attribuiti al cosciente dal punto di vista topico.

La distinzione topica è verificata dal punto di vista dinamico nella cura, specie per quel tratto su cui insiste D. Lagache: se la confessione di contenuti preconsci può provocare delle reticenze, che l'applicazione della regola della libera associazione è destinata a eliminare, il riconoscimento dell'inconscio urta contro resistenze esse stesse inconsce, che l'analisi deve gradualmente interpretare e superare (rimane naturalmente che le reticenze si fondano per lo più su resistenze).

INCONSCIO

• A) L'aggettivo «inconscio» è talora usato per qualificare l'insieme dei contenuti non presenti nel campo attuale della coscienza; in tal caso esso è usato in un senso «descrittivo» e non «topico», cioè senza che venga fatta una discriminazione tra i contenuti dei sistemi preconscio e inconscio.

B) Nel senso «topico», inconscio designa uno dei sistemi definiti da Freud nel quadro della sua prima teoria dell'apparato psichico: esso è costituito da contenuti rimossi cui è stato rifiutato l'accesso al sistema preconscio-cosciente mediante la rimozione (rimozione originaria e rimozione posteriore).

I caratteri essenziali dell'inconscio come sistema (o Inc) possono essere così riassunti:

a) i suoi «contenuti» sono «rappresentanti» delle pulsioni;

b) questi contenuti sono regolati da meccanismi specifici del processo primario, specie dalla condensazione e dallo spostamento ;

c) fortemente investiti di energia pulsionale, essi cercano di ritornare nella coscienza e nell'azione (ritorno del rimosso); ma non possono avere accesso al sistema Prec-C (preconscio-cosciente ) se non in formazioni di compromesso e dopo essere stati sottoposti alle deformazioni della censura;

d) essi sono più particolarmente desideri dell'infanzia che subiscono una fissazione nell'inconscio.

L'abbreviazione Inc (Ubw dal tedesco Unbewusst) designa l'inconscio nella sua forma sostantivale come sistema; inc (ubw) è l'abbreviazione dell'aggettivo «inconscio» (unbewusst) in quanto qualifica in senso stretto i contenuti di detto sistema.

C) Nel quadro della seconda topica freudiana, il termine «inconscio» è usato soprattutto nella sua forma aggettivale; infatti, inconscio non è più la proprietà di un'istanza particolare poiché qualifica non solo l'Es, ma anche in parte l'Io e il Super-io. Va tuttavia notato:

a) che i caratteri riconosciuti nella prima topica al sistema Inc in generale sono attribuiti all'Es nella seconda topica;

b) che la differenza tra il preconscio e l'inconscio, pur non essendo più fondata su una distinzione tra sistemi, persiste come distinzione all'interno dei sistemi (essendo l'Io e il Super-io in parte preconsci e in parte inconsci).

■ Se si dovesse riassumere in una parola la scoperta freudiana, questa parola è senza dubbio l'inconscio. Non intendiamo quindi esporre, nei limiti di questo lavoro, tale scoperta nei suoi antecedenti prefreudiani, nella sua genesi e nelle sue successive elaborazioni in Freud. Ci limiteremo a sottolineare, con un intento di chiarificazione, alcuni tratti essenziali che la diffusione stessa del termine ha spesso smorzato.

1) L'inconscio freudiano è anzitutto un concetto a un tempo topico e dinamico, che è sorto sul terreno terapeutico. La cura infatti ha mostrato che lo psichismo non è riducibile al cosciente e che alcuni «contenuti» diventano accessibili alla coscienza solo una volta superate delle resistenze; essa ha rivelato che la vita psichica è «...colma di pensieri efficaci sebbene inconsci e che da questi pensieri provengono i sintomi» , e ha indotto a supporre l'esistenza di «gruppi psichici separati» e, più in generale, ad ammettere l'inconscio come un «luogo psichico» particolare che bisogna rappresentarsi, non come una seconda coscienza, ma come un sistema che ha contenuti, meccanismi e forse un'«energia» specifici.

2) Quali sono questi contenuti?

a) Freud, nell'articolo su L'inconscio (Das Unbewusst, 1915), li chiama «rappresentanti della pulsione». Infatti, la pulsione, al limite tra il somatico e lo psichico, è al di qua dell'opposizione tra cosciente e inconscio; da un lato, essa non può mai diventare oggetto della coscienza e, dall'altro lato, essa è presente nell'inconscio solo tramite i suoi rappresentanti, costituiti essenzialmente da rappre-sentazioni. Aggiungiamo che uno dei primissimi modelli teorici freudiani definisce l'apparato psichico come successione di trascrizioni (Niederschriften) di segni, idea che viene ripresa e discussa nei testi successivi. Le rappresentanze inconsce sono organizzate in fantasmi, trame immaginarie, a cui si fissa la pulsione e che possono essere concepiti come vere messe in scena del desiderio.

b) La maggior parte dei testi freudiani precedenti alla seconda topica assimilano l'inconscio al rimosso. Va notato tuttavia che questa assimilazione non è priva di restrizioni; più di un testo riserva un posto a contenuti non acquisiti dall'individuo, filogenetici, che costituirebbero il «nucleo dell'inconscio».

Quest'idea culmina nella nozione di fantasmi originari intesi come schemi preindividuali che strutturano le esperienze sessuali infantili del soggetto.

c) Un'altra equiparazione classica è quella dell'inconscio all'infantile in noi; ma anche per essa va formulata una riserva. Non tutte le esperienze infantili sono destinate a confondersi con l'inconscio del soggetto; molte esperienze infatti sono vissute naturalmente sul piano della «coscienza irriflessa», come direbbero i fenomenologi. Per Freud, la prima scissione tra l'inconscio e il sistema Prec-C è operata dall'azione della rimozione infantile. L'inconscio freudiano viene quindi costituito, anche se il primo tempo della rimozione originaria può essere considerato come mitico; non è quindi un vissuto indifferenziato.

3) È noto che il sogno è stato per Freud la «via regia» della scoperta dell'inconscio. I meccanismi (spostamento, condensazione, simbolismo), esplicitati sulla base del sogno in L'interpretazione dei sogni (Die Traumdeutung, 1900) e costitutivi del processo primario, sono reperiti in altre formazioni dell'inconscio (atti mancati, lapsus, ecc.), che sono equivalenti ai sintomi per la loro struttura di compromesso e la loro funzione di «appagamento di desiderio».

Quando Freud cerca di definire l'inconscio come sistema, ne riassume così le caratteristiche specifiche: processo primario (mobilità degli investimenti, caratteristica dell'energia libera); assenza di negazione, di dubbio, di gradazione di certezza; indifferenza alla realtà e regolazione in base al solo principio di piacere-dispiacere (tendenza a ristabilire per le vie più brevi l'identità di percezione).

4 ) Freud ha infine cercato di fondare la coesione propria del sistema Inc e la sua distinzione radicale dal sistema Prec con la nozione economica di una «energia di investimento» propria di ciascun sistema. L'energia inconscia si applicherebbe a rappresentazioni da essa investite o disinvestite e il passaggio di un elemento da un sistema all'altro si attuerebbe mediante disinvestimento da parte del primo e reinvestimento da parte del secondo.

Ma questa energia inconscia — e ciò costituisce una difficoltà della concezione freudiana — appare ora come una forza di attrazione esercitata sulle rappresenazioni in opposizione alla presa di coscienza (come avviene nella teoria della rimozione in cui l'attrazione da parte degli elementi già rimossi collabora con la repressione esercitata dal sistema superiore), ora come una forza tendente a far emergere i suoi «derivati» nella coscienza e trattenuta solo dalla vigilanza della censura.

5) Le considerazioni topiche non devono far perdere di vista il valore dinamico dell'inconscio freudiano, che è stato tante volte sottolineato da Freud: le distinzioni topiche vanno anzi considerate come il mezzo per spiegare il conflitto, la ripetizione e le resistenze.

*

Come è noto, a partire dal 1920 la teoria freudiana dell'apparato psichico viene profondamente rielaborata e vengono introdotte nuove distinzioni topiche che non coincidono più con quelle dell'inconscio, del preconscio e del cosciente. Infatti, sebbene si ritrovino nell'istanza dell'Es le principali caratteristiche del sistema Inc, anche alle altre istanze — Io e Super-io — vengono attribuite un'origine e una parte inconsce.

ES

• Una delle tre istanze distinte da Freud nella sua seconda teoria dell'apparato psichico. L'Es costituisce il polo pulsionale della personalità; i suoi contenuti, espressione psichica delle pulsioni, sono inconsci, per una parte ereditari e innati, per l'altra rimossi e acquisiti.

Dal punto di vista economico, l'Es è per Freud il serbatoio primario dell'energia psichica; dal punto di vista dinamico, esso entra in conflitto con l'Io e il Super-io, che sono, dal punto di vista genetico, differenziazioni dell'Es.

■ II termine das Es è introdotto in L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923). Freud lo mutua da George Groddeck e cita il precedente di Nietzsche, il quale designerebbe con questo termine «...ciò che vi è di non personale e, per così dire, di necessario per natura nel nostro essere».

Questo termine è usato da Freud in quanto esprime l'idea sviluppata da Groddeck secondo cui «...ciò che chiamiamo il nostro Io si comporta nella vita in modo del tutto passivo, e [...] noi veniamo " vissuti " da forze sconosciute e indominabili».

Il termine di Es è introdotto con la rielaborazione a cui Freud sottopone la sua topica negli anni 1920-23. Si possono considerare approssimativamente equivalenti il posto che l'Es occupa nella seconda topica e quello del sistema inconscio (Inc) nella prima; vi sono tuttavia delle differenze che si possono così precisare:

1) Se si eccettuano alcuni contenuti o schemi acquisiti filogeneticamente, l'inconscio della prima topica coincide con il rimosso.

In L'Io e l'Es (cap. I), invece, Freud mette in evidenza il fatto che anche l'istanza rimovente — l'Io — e le sue operazioni difensive sono in gran parte inconsce. Ne consegue che l'Es ricoprirà ora gli stessi contenuti attribuiti prima all 'Inc, ma non più il complesso dello psichismo inconscio.

2) La rielaborazione della teoria delle pulsioni e l'evoluzione della nozione di Io implicano un'altra differenza. Il conflitto nevrotico era prima definito mediante l'opposizione tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io, le quali ultime avevano un ruolo fondamentale nella motivazione della difesa. A partire dagli anni 1920-23, il gruppo delle pulsioni dell'Io perde la sua autonomia ed è riassorbito nella grande opposizione pulsioni di vita - pulsioni di morte. L'Io quindi non è più definito da un tipo specifico di energia pulsionale, giacché la nuova istanza dell'Es include ormai, all'origine, i due tipi di pulsioni.

Riassumendo, l'istanza contro cui è esercitata la difesa non è più definita come polo inconscio, ma come polo pulsionale della personalità.

In questo senso, l'Es è concepito come «il grande serbatoio» della libido (y) e, più in generale, dell'energia pulsionale. L'energia utilizzata dall'Io è attint' a questo fondo comune, specie sotto forma di energia «desessualizzata e sublimata».

3) I limiti della nuova istanza rispetto alle altre istanze e rispetto al campo biologico sono definiti diversamente e, in generale, in modo meno netto che non nella prima topica:

a) Rispetto all'Io, il limite è meno preciso di quanto non fosse, tra Inc e Prec-C, la frontiera della censura: «L'Io non è separato dall'Es in modo netto; nella sua parte inferiore si confonde con esso. Ma anche il rimosso si confonde con l'Es di cui non è che una parte.

II rimosso si separa dall'Io in modo netto solo mediante le resistenze di rimozione, e può comunicare con l'Io mediante l'Es».

Questa confluenza dell'Es con l'istanza rimovente è indicata soprattutto dalla definizione genetica di quest'ultima, in quanto l'Io è «...la parte dell'Es che è stata modificata dall'influenza diretta del mondo esterno attraverso il sistema percezione-coscienza».

b) Anche il Super-io non è un'istanza nettamente autonoma; in gran parte inconscio, esso è «immerso nell'Es».

c) Infine, la distinzione tra l'Es e il sostrato biologico della pulsione è meno netta di quella tra l'inconscio e la fonte della pulsione: l'Es è «aperto alla sua estremità dal lato somatico». L'idea di una «trascrizione» della pulsione che veniva affermata nel concetto di «rappresentante», se non è esplicitamente respinta, non è neppure ribadita.

4) L'Es ha un modo di organizzazione, una struttura interna specifica? Freud stesso ha affermato che l'Es è «un caos»: «Esso si empie di una energia proveniente dalle pulsioni, ma non ha un'organizzazione, non promuove alcuna volontà generale...». I caratteri dell'Es sarebbero definiti soltanto in modo negativo, in opposizione al modo di organizzazione dell'Io.

Va peraltro sottolineato che Freud riprende, a proposito dell'Es, la maggior parte delle proprietà che definivano, nella prima topica, il sistema Inc e che costituiscono un modo positivo e originale d'organizzazione: funzionamento secondo il processo primario, organizzazione complessuale, stratificazione genetica delle pulsioni, ecc. Inoltre, il nuovo dualismo delle pulsioni di vita e delle pulsioni di morte implica che esse sono organizzate in una opposizione dialettica. L'assenza di organizzazione dell'Es è quindi solo relativa, cioè consiste nell'assenza delle relazioni caratteristiche dell'organizzazione dell'Io. Essa è caratterizzata soprattutto dal fatto che nell'Es «sussistono impulsi contraddittori che restano giustapposti senza elidersi o sottrarsi tra loro». È l'assenza di un soggetto coerente che caratterizza meglio, come ha sottolineato D. Lagache, l'organizzazione dell'Es e che è indicata dal pronome neutro scelto da Freud.

5) Infine, la differenza delle prospettive genetiche in cui si inquadrano consente di comprendere meglio il passaggio dall'inconscio della prima topica all'Es della seconda topica.

L'inconscio traeva la sua origine dalla rimozione, che, sotto il suo duplice aspetto storico e mitico, introduceva nello psichismo la scissione radicale tra i sistemi Inc e Prec-C.

Con la seconda topica, questo momento della separazione tra le istanze perde il suo carattere fondamentale. La genesi delle diverse istanze è concepita piuttosto come una differenziazione progressiva, una emergenza dei diversi sistemi. Da qui l'insistenza di Freud sulla continuità nella genesi che conduce dal bisogno biologico all'Es e da questo sia all'Io che al Super-io. In questo senso, la nuova concezione freudiana dell'apparato psichico si presta, più facilmente della prima, a una interpretazione «biologizzante» o «naturalizzante».

IO

• Istanza che Freud, nella sua seconda teoria dell'apparato psichico, distingue dall'Es e dal Super-io.

Dal punto di vista topico, l'Io è in una relazione di dipendenza nei confronti sia delle rivendicazioni dell'Es che degli imperativi del Super-io e delle esigenze della realtà. Sebbene egli si ponga come mediatore, incaricato di tutelare gli interessi della totalità della persona, la sua autonomia è molto relativa.

Dal punto di vista dinamico, l'Io rappresenta eminentemente nel conflitto nevrotico il polo difensivo della personalità; egli aziona una serie di meccanismi di difesa, che sono motivati dalla percezione di un affetto spiacevole (segnale di angoscia).

Dal punto di vista economico, l'Io appare come un fattore di legame dei processi psichici; ma, nelle operazioni difensive, i tentativi di legame dell'energia pulsionale sono contaminati dai caratteri che specificano il processo primario: essi assumono un andamento coatto, ripetitivo, dereale.

La teoria psicanalitica cerca di spiegare la genesi dell'Io su due piani relativamente eterogenei, o considerandolo un apparato adattativo differenziato a partire dall'Es a contatto con la realtà esterna, o definendolo come il prodotto di identificazioni che portano alla formazione in seno alla persona di un oggetto d'amore investito dall'Es.

Rispetto alla prima teoria dell'apparato psichico, l'Io è più vasto del sistema preconscio-cosciente in quanto le sue operazioni difensive sono in gran parte inconsce.

Da un punto di vista storico, il concetto topico dell'Io è il punto terminale di una nozione costantemente presente in Freud fin dalle origini del suo pensiero.

■ Giacché esistono in Freud due teorie topiche dell'apparato psichico, la prima che fa intervenire i sistemi inconscio e preconscio- cosciente, e la seconda con le tre istanze Es, Io, Super-io, è corrente ammettere, nella psicanalisi, che la nozione di Io assume un senso strettamente psicanalitico, tecnico, solo dopo la «svolta» del 1920. Questo profondo cambiamento della teoria corrisponderebbe nella pratica a un nuovo orientamento, rivolto verso l'analisi dell'Io e dei suoi meccanismi di difesa più che verso la ricerca dei contenuti inconsci. Certo, nessuno ignora che Freud parlava di Io (Ich) già nei suoi primi scritti, ma in generale lo avrebbe fatto, secondo alcuni

in modo generico, riferendolo all'insieme della personalità. Le concezioni più specifiche in cui all'Io sono attribuite pulsioni ben determinate in seno all'apparato psichico (nel Progetto per una psicologia scientifica [Entwurf einer Psychologie, 1895] per esempio) sono considerate come prefigurazioni isolate delle nozioni della seconda topica. In realtà, come vedremo, la storia del pensiero freudiano è molto più complessa: da un lato, l'esame dell'insieme dei testi freudiani non consente di localizzare due accezioni di Io corrispondenti a due periodi diversi: la nozione di Io è sempre stata presente, anche se essa è stata rinnovata con apporti successivi (narci-sismo, definizione della nozione di identificazione, ecc.). D'altro lato, la svolta del 1920 non può essere limitata alla definizione dell'Io come istanza centrale della personalità: essa comporta, come è noto, numerosi altri apporti essenziali che modificano la struttura globale della teoria e non possono essere pienamente apprezzati se non nelle loro correlazioni. Infine, non ci sembra opportuno cercare di porre subito una distinzione netta tra l'Io come persona e l'Io come istanza giacché l'interconnessione tra questi due sensi è appunto al centro della problematica dell'Io. In Freud tale problema è implicitamente presente molto presto e rimane aperto anche dopo il 1920. L'ambiguità terminologica che si vorrebbe denunciare ed eliminare nasconde un problema di fondo.

Indipendentemente da preoccupazioni riguardanti la storia del pensiero freudiano, alcuni autori hanno cercato, con un intento di chiarificazione, di sottolineare una differenza concettuale tra l'Io in quanto costituisce un'istanza, una sottostruttura della personalità, e l'Io in quanto si pone come oggetto d'amore per l'individuo stesso — l'Io dell'amor proprio secondo La Rochefoucauld, l'Io investito di libido narcisistica secondo Freud. Hartmann per esempio ha proposto di dissipare l'equivoco che sarebbe contenuto nella nozione di narcisismo e nel termine di investimento dell'Io (Ich-Besetzung, ego-cathexis): «Quando si utilizza il termine di narcisismo pare che spesso si confondano due coppie di opposti: la prima concerne il sé (self), la propria persona in opposizione all'oggetto, la seconda riguarda l'Io [come sistema psichico] in opposizione alle altre sottostrutture della personalità. Tuttavia, l'opposto di investimento d'oggetto non è investimento dell'Io [ego-cathexis], bensì investimento della propria persona, cioè investimento di sé [self-cathexis]; quando parliamo di investimento di sé ciò non implica che l'investimento sia situato nell'Es, nell'Io o nel Super-io [...]. Si chiarirebbero allora le cose se si definisse il narcisismo come l'investimento libidico non dell'Io ma del sé».

Questa posizione ci sembra voglia risolvere problemi essenziali mediante una pura distinzione concettuale. In linea generale, ciò che la psicanalisi apporta con la sua concezione dell'Io rischia di rimanere parzialmente ignorato se si giustappone semplicemente un'accezione considerata specificamente psicanalitica del termine ad altre accezioni considerate tradizionali e, a fortiori, se si vogliono distinguere subito diversi sensi con altrettanti vocaboli. Non solo Freud trova e utilizza accezioni classiche, opponendo per esempio l'organismo all'ambiente, il soggetto all'oggetto, l'interno all'esterno, ma usa a questi diversi livelli lo stesso termine di Ich, gioca persino sull'ambiguità di tale uso, il che mostra che egli non esclude dal suo campo nessuno dei significati attribuiti ai termini di Io.

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I. - La nozione di Io è utilizzata da Freud già nei suoi primi lavori, ed è interessante veder emergere dai suoi testi del periodo 1894-1900 un certo numero di temi e di problemi che si ritroveranno successivamente.

Freud è stato indotto dall'esperienza clinica delle nevrosi a trasformare radicalmente la concezione tradizionale dell'Io. La psicologia e soprattutto la psicopatologia intorno agli anni 1880 inducono, con lo studio delle «alterazioni e sdoppiamenti della personalità», degli «stati secondi», ecc., a smantellare la nozione di un Io uno e permanente. Un autore come P. Janet va ancora più in là mettendo in evidenza nell'isteria l'esistenza di uno sdoppiamento simultaneo della personalità: vi è una «...formazione, nella mente, di due gruppi di fenomeni, l'uno che costituisce la personalità ordinaria, l'altro, suscettibile di suddividersi, che forma una personalità anormale diversa dalla prima e completamente ignorata da essa». Janet vede in tale sdoppiamento della personalità una conseguenza del «restringimento del campo della coscienza», di una «debolezza della sintesi psicologica», che porta nell'isterico a una «autotomia». «La personalità non può percepire tutti i fenomeni e ne sacrifica definitivamente alcuni; è una specie di autotomia, e questi fenomeni abbandonati si sviluppano isolatamente senza che il soggetto abbia conoscenza della loro attività». È noto che l'apporto di Freud nell'interpretazione di tali fenomeni consiste nel vedervi l'espressione di un conflitto psichico: alcune rappresentazioni sono oggetto di una difesa in quanto sono inconciliabili (unverträglich).

Nel periodo 1895-1900, la parola Io è spesso usata da Freud in vari contesti. Può essere utile esaminare come il concetto operi a seconda del contesto in cui è utilizzato: teoria della cura, modello del conflitto difensivo, metapsicologia dell'apparato psichico.

1) Nel capitolo degli Studi sull'isteria intitolato «Psicoterapia dell'isteria», Freud descrive come il materiale patogeno inconscio, di cui sottolinea il carattere altamente organizzato, possa essere conquistato solo gradualmente. La coscienza o «coscienza dell'Io» è descritta come una sfilata che lascia passare solo un ricordo patogeno alla volta e che può essere bloccata finché l'elaborazione terapeutica (Durcharbeitung) non sia venuta a capo delle resistenze: «Il ricordo, che sta aprendosi la via, rimane là davanti al malato finché egli non l'abbia accolto nello spazio del proprio Io». Sono qui indicati il legame molto stretto tra la coscienza e l'Io (attestato dal termine: coscienza dell'Io) e l'idea che l'Io più ampio della coscienza attuale; esso è un vero campo (che Freud assimilerà presto al «Preconscio»).

Le resistenze manifestate dal paziente sono descritte in prima analisi negli Studi sull'isteria come provenienti dall'Io «che prova gusto alla difesa». Per quanto un procedimento tecnico possa consentire di eludere momentaneamente la sua vigilanza, «in tutti i casi più seri, l'Io si riprende e prosegue la propria resistenza». Ma, d'altra parte, nell'Io si è infiltrato il «nucleo patogeno» inconscio, sicché la frontiera tra i due appare talora puramente convenzionale. Inoltre, «l'elemento filtrante è costituito dalla resistenza». È già delineato qui il problema di una resistenza propriamente inconscia, problema che, in seguito, riceverà due risposte diverse in Freud: il ricorso alla nozione di un Io inconscio, ma anche alla nozione di una resistenza propria dell'Es.

2) La nozione di Io è costantemente presente nelle prime elaborazioni che Freud propone del conflitto nevrotico. Egli cerca di specificare la difesa determinando diversi «modi», «meccanismi», «procedimenti», «dispositivi» corrispondenti alle varie psiconevrosi: isteria, nevrosi ossessiva, paranoia, confusione allucinatoria, ecc. L'incompatibilità di una rappresentazione con l'Io è messa all'origine di tali diverse modalità del conflitto.

Nell'isteria, per esempio, l'Io interviene come istanza difensiva, ma in modo complesso. Dire che l'Io si difende non è privo di ambiguità. La formula può essere intesa nel modo seguente: l'Io, come campo di coscienza, posto dinanzi a una situazione conflittuale (conflitto di interessi, di desideri, o anche di desideri e divieti) e incapace di padroneggiarla, se ne difende con l'evitarla, col non volerne saper nulla; in questo senso, l'Io sarebbe il campo che deve essere preservato dal conflitto con l'attività difensiva. Ma il conflitto psichico che Freud vede in atto ha un'altra dimensione: è l'Io come «massa dominante di rappresentazioni» che è minacciato da una rappresentazione considerata inconciliabile con esso: vi è allora rimozione da parte dell'Io. Il caso Lucy R..., uno dei primi in cui Freud definisce la nozione di conflitto e la parte in esso svolta dall'Io, illustra questa ambiguità: Freud non si contenta della sola spiegazione secondo cui l'Io, per mancanza di «coraggio morale», non vorrebbe saper nulla del «conflitto di affetti» che lo perturba; la cura progredisce solo nella misura in cui essa si inoltra nell'elucidazione dei «simboli mnestici» susseguenti, simboli di scene in cui compare un desiderio inconscio manifestamente inconciliabile con l'immagine di sé che il paziente intende mantenere.

È proprio perché l'Io è la parte vincente del conflitto che il motivo stesso dell'azione difensiva, o, come dice talvolta Freud già d'allora, il suo segnale, è il sentimento di dispiacere che insorge in lui e che per Freud è direttamente legato a tale inconciliabilità.

Infine, sebbene l'operazione difensiva dell'isteria sia attribuita all'Io, ciò non implica che essa sia concepita unicamente come cosciente e volontaria. Nel Progetto per una psicologia scientifica, in cui Freud fornisce uno schema della difesa isterica, uno dei punti importanti che egli vuol spiegare è «...come mai un processo dell'Io può avere delle conseguenze simili a quelle che siamo abituati a incontrare solo nei processi primari»: nella formazione del «simbolo mnestico» in cui consiste il sintomo isterico, tutto l'importo di affetto, tutto il significato è spostato dal simbolizzato al simbolo, il che non si verifica nel pensiero normale. Questo azionamento del processo primario da parte dell'Io interviene soltanto quando que-st'ultimo si trova nell'impossibilità di far funzionare le sue difese normali (attenzione, evitamento per esempio). Nel caso del ricordo di un trauma sessuale (vedi: Posteriorità; Seduzione) l'Io è sorpreso da un assalto interno e non può «lasciar operare un processo primario». La situazione della «difesa patologica» rispetto all'Io non è quindi determinata in modo univoco: in un senso l'Io è effettivamente l'agente della difesa, ma nella misura in cui può difendersi soltanto separandosi da ciò che lo minaccia, esso abbandona la rappresentazione inconciliabile a un tipo di processo su cui non ha presa.

3) Nella prima elaborazione metapsicologica che Freud ha dato del funzionamento psichico, alla nozione di Io è riconosciuto un ruolo di primo piano. Nel Progetto per una psicologia scientifica la funzione dell'Io è essenzialmente inibitrice. In ciò che Freud descrive come «esperienza di soddisfacimento» l'Io interviene per impedire che l'investimento dell'immagine mnestica del primo oggetto soddisfacente acquisti una forza tale da provocare un «segno di realtà» allo stesso titolo della percezione di un oggetto reale. Affinché il segno di realtà assuma per il soggetto valore di criterio, cioè affinché venga evitata l'allucinazione e non si compia la scarica in assenza dell'oggetto reale come se fosse presente, è necessario che venga inibito il processo primario che consiste in una libera propagazione dell'eccitazione fino all'immagine. Come si vede, se l'Io è ciò che permette al soggetto di non confondere i suoi processi interni con la realtà, non è perché egli abbia un accesso privilegiato al reale, un metro con cui comparare le rappresentazioni. Questo accesso diretto alla realtà, Freud lo riserva a un sistema autonomo detto «sistema percezione» (designato con le lettere W o ω) radicalmente diverso dal sistema ψ, di cui l'Io fa parte, e funzionante in modo del tutto diverso.

L'Io è descritto da Freud come un'«organizzazione» di neuroni (o, tradotto nel linguaggio «meno fisiologico» utilizzato da Freud in altri testi, un'organizzazione di rappresentazioni) caratterizzata da vari tratti: facilitazione delle vie associative interne a questo gruppo di neuroni, investimento costante da parte di una energia di origine endogena, cioè pulsionale, distinzione tra una parte permanente e una parte variabile. La permanenza in esso di un livello di investimento consente all'Io di inibire i processi primari, non solo quelli che conducono all'allucinazione, ma anche quelli che sarebbero capaci di provocare dispiacere («difesa primaria»). «L'investimento di desiderio portato fino all'allucinazione, lo sviluppo pieno del dispiacere con totale esaurimento della difesa, tutto ciò è da noi designato col termine di processi psichici primari; i processi che sono resi possibili solo da un buon investimento dell'Io e e che rappresentano una moderazione dei precedenti sono i processi psichici secondari».

Come si vede, l'Io non è definito da Freud come l'insieme dell'individuo, né come l'insieme dell'apparato psichico, ma come una parte di esso. Tuttavia, questa tesi va completata in quanto la relazione dell'Io con l'individuo, sia nella sua dimensione biologica (organismo) che in quella psichica, ha un carattere privilegiato. Questa ambiguità costitutiva dell'Io si ritrova nella difficoltà a dare un senso univoco alla nozione di interno, di eccitazione interna. L'eccitazione endogena è concepita successivamente come proveniente dall'interno del corpo, poi dall'interno dell'apparato psichico, infine come immagazzinata nell'Io definito come riserva di energia (Vorratsträger): vi è una serie di inclusioni successive, che, se si fa astrazione dagli schemi esplicativi meccanicistici con cui Freud tenta di renderne conto, suggeriscono l'idea di un Io concepito come una specie di metafora realizzata dell'organismo.

II. - Il capitolo metapsicologico di L'interpretazione dei sogni (esposizione della «prima» teoria dell'apparato psichico che, in realtà, ci appare piuttosto, alla luce dei testi successivi di Freud, come una seconda metapsicologia) mostra delle chiare differenze rispetto alle concezioni precedenti. Viene stabilita la differenziazione siste-matica tra i sistemi Inconscio, Preconscio, Cosciente, nel quadro di un «apparato» in cui non interviene la nozione di Io.

Tutto preso dalla sua scoperta del sogno come «via regia dell'inconscio», Freud pone l'accento soprattutto sui meccanismi primari del «lavoro del sogno» e sul modo in cui essi impongono la loro legge al materiale preconscio. Il passaggio da un sistema a un altro è concepito come una traduzione o, secondo un paragone ottico, come passaggio da un mezzo a un altro avente un diverso indice di rifrazione. L'azione difensiva non è assente dal sogno, ma non è affatto raggruppata da Freud sotto il termine di Io. Vari aspetti che nei lavori precedenti potevano essere attribuiti all'Ip vengono qui ripartiti a livelli diversi:

1) L'Io in quanto agente difensivo si ritrova in parte nella censura ; va notato tuttavia che questa ha un ruolo essenzialmente proibitivo, che impedisce di assimilarla a una organizzazione complessa capace di far intervenire meccanismi differenziati come quelli che Freud vede operare nei conflitti nevrotici.

2) Il ruolo moderatore e inibitorio esercitato dall'Io sul processo primario si ritrova nel sistema Prec, quale funziona nel pensiero vigile. Tuttavia, va notata la differenza a questo riguardo tra la concezione del Progetto e quella di L'interpretazione dei sogni. Il sistema Prec è il luogo stesso del funzionamento del processo secondario mentre l'Io, nel Progetto, era ciò che induceva il processo secondario in funzione della propria organizzazione.

3) L'Io in quanto organizzazione investita libidicamente è ritrovato esplicitamente come portatore del desiderio di dormire, in cui Freud vede il motivo stesso della formazione del sogno.

III. - Il periodo 1900-1915 può essere caratterizzato come un periodo di tentennamenti per quanto riguarda la nozione di Io. Schematicamente, la ricerca freudiana si orienta in quattro direzioni:

1) Nelle esposizioni più teoriche che Freud dà del funzionamento dell'apparato psichico, egli si riferisce sempre al modello delineato nel 1900 in base all'esempio del sogno e lo spinge alle sue ultime conseguenze, senza far intervenire la nozione di Io nelle differenziazioni topiche né quella di pulsioni dell'Io nelle considerazioni energetiche (7).

2) Per quanto riguarda i rapporti tra Io e realtà, non si può parlare di un vero cambiamento nella soluzione teorica del problema, ma di uno spostamento di accento. Il riferimento fondamentale rimane quello dell'esperienza di soddisfacimento e dell'allucinazione originaria:

a) Il ruolo dell'«esperienza della vita» è valorizzato: «L'abbandono di questo tentativo, di soddisfacimento per via allucinatoria è determinato soltanto dalla continua mancanza del soddisfacimento atteso, dalla disillusione. Al suo posto, l'apparato psichico ha dovuto risolversi a rappresentare lo stato reale del mondo esterno e a cercare una modificazione reale».

b) L'esplicitazione dei due grandi principi del funzionamento psichico aggiunge qualcosa alla distinzione tra processo primario e processo secondario. Il principio di realtà appare come una legge che impone dall'esterno le sue esigenze all'apparato psichico, il quale tende gradualmente a farle proprie.

c) Freud conferisce un supporto privilegiato alle esigenze del principio di realtà. Sono le pulsioni di autoconservazione che abbandonano più rapidamente il funzionamento secondo il principio di piacere e che, capaci di essere educate più presto dalla realtà, forniscono il sostrato energetico di un «Io-realtà» che «...non ha nien- t'altro da fare che tendere verso l'utile e garantirsi contro i danni». In questa prospettiva, l'accesso dell'Io alla realtà sfuggirebbe a qualsiasi problematica: il modo in cui l'Io pone fine al soddisfacimento allucinatorio del desiderio cambia di senso; egli fa l'esame della realtà per il tramite delle pulsioni di autoconservazione e tenta poi di imporre le norme della realtà alle pulsioni sessuali.

d) La relazione dell'Io col sistema Preconscio-Cosciente, e in particolare con la percezione e la motilità, diventa molto stretta.

3) Nella descrizione del conflitto difensivo, e più particolarmente nella descrizione clinica della nevrosi ossessiva, l'Io si afferma come l'istanza che si oppone al desiderio. Opposizione che è segnalata dall'affetto spiacevole e che assume senz'altro la forma di una lotta tra due forze, che recano entrambe il segno della pulsione. Nel mettere in evidenza l'esistenza di una nevrosi infantile «completa» in L'uomo dei topi Freud scopre «una pulsione erotica e una ribellione contro di essa, un desiderio (non ancora ossessivo) e un timore (già ossessivo) che gli si oppone; un affetto penoso e una spinta a compiere azioni difensive». È nell'intento di dare all'Io, simmetricamente alla sessualità, un supporto pulsionale, che Freud è indotto a descrivere il conflitto come opposizione tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io.

Nello stesso ordine di idee, Freud si interroga sullo sviluppo delle pulsioni dell'Io, che bisognerebbe prendere in considerazione allo stesso titolo dello sviluppo libidico e suggerisce che nel caso della nevrosi ossessiva il primo potrebbe essere in anticipo sul secondo.

4) Durante questo periodo si fa strada una nuova concezione dell'Io come oggetto d'amore, specie in base agli esempi dell'omosessualità e delle psicosi; essa diventerà dominante in un certo numero di testi degli anni 1914-1915 che segnano una vera svolta nel pensiero freudiano.

IV. - Tre nozioni strettamente interconnesse vengono elaborate in questo periodo di transizione (1914-15): il narcisismo, l'identificazione, come costitutiva dell'Io, la differenziazione in seno all'Io di talune componenti «ideali».

1) Le implicazioni dell'introduzione del narcisismo per quanto concerne la definizione dell'Io possono essere così riassunte:

a) L'Io non compare immediatamente e neppure come il risultato di una differenziazione graduale. Esso esige per costituirsi «una nuova azione psichica».

b) Esso si definisce come unità rispetto al funzionamento anarchico e frammentato della sessualità che caratterizza l'autoerotismo.

c) Esso si offre come oggetto di amore alla sessualità allo stesso titolo di un oggetto esterno. Nella prospettiva di una genesi della scelta di oggetto, Freud giunge a porre la sequenza: autoerotismo, narcisismo, scelta di oggetto omosessuale, scelta di oggetto eterosessuale.

d) Questa definizione dell'Io come oggetto impedisce di confonderlo con l'insieme del mondo interno del soggetto. Per questo Freud tiene a mantenere, contro Jung, una distinzione tra l'introversione della libido sui fantasmi e un «ritorno di essa all'Io».

e) Dal punto di vista economico, «l'Io deve essere considerato come un grande serbatoio di libido, detta narcisistica, da cui fluiscono le cariche libidiche oggettuali e in cui queste possono venire nuovamente raccolte. Questa immagine del serbatoio implica che l'Io non è semplicemente un luogo di passaggio per l'energia di investimento ma il luogo di una stasi permanente di essa, anzi che esso è costituito come forma da questa carica energetica. Da ciò ha origine l'immagine di un organismo, di un «animaletto proto- plasmatico», che è usata per caratterizzarlo.

/) Infine, Freud descrive come tipica una «scelta di oggetto narcisistica» in cui l'oggetto d'amore è definito in base alla sua rassomiglianza con l'Io proprio dell'individuo. Ma, al di là di un tipo particolare di scelta di oggetto, che è illustrato per esempio da alcuni casi di omosessualità maschile, Freud è indotto a rimaneggiare l'insieme della nozione di scelta di oggetto, compreso il tipo detto per appoggio, per collocarvi l'Io del soggetto.

2) Nello stesso periodo, la nozione di identificazione viene notevolmente arricchita: accanto alle sue forme, riconosciute immediatamente nell'isteria, in cui appare come passeggera, come un modo di esprimere in un vero sintomo una somiglianza inconscia tra la propria persona e l'altro, Freud ne esplicita forme più fondamentali; essa non è soltanto l'espressione di una relazione tra l'Io e un'altra per-sona: l'Io può venire profondamente modificato dall'identificazione, diventando il residuo intrasoggettivo di una relazione intersoggettiva. Per esempio, nell'omosessualità maschile «il giovane non abbandona sua madre, ma si identifica con essa e si trasforma in essa [...]. Ciò che colpisce in questa identificazione è la sua portata: essa trasforma l'Io in una delle sue parti più importanti, il carattere sessuale, secondo il prototipo di ciò che era precedentemente l'oggetto».

3) Dall'analisi della melanconia e dei processi che essa mette in evidenza la nozione dell'Io esce profondamente trasformata.

a) L'identificazione con l'oggetto perduto, manifesta nel malinconico, è interpretata come una regressione a una identificazione più arcaica, concepita come uno stadio preliminare della scelta d'oggetto «...in cui l'Io vuole incorporarsi tale oggetto». Tale idea apre la via alla concezione di un Io che non solo verrebbe rimodellato dalle identificazioni successive, ma si costituirebbe fin dall'origine mediante una identificazione che assume per prototipo l'incorporazione* orale.

b) L'oggetto introiettato nell'Io è descritto da Freud in termini antropomorfici: esso è sottoposto ai peggiori trattamenti, soffre, il suicidio mira a ucciderlo, ecc.

c) Con l'introiezione dell'oggetto, può in realtà venir interiorizzata simultaneamente tutta una relazione. Nella melanconia, il conflitto ambivalente verso l'oggetto viene trasposto nella relazione con l'Io.

d) L'Io non è più concepito come l'unica istanza personificata all'interno dello psichismo. Alcune parti possono separarsi per scissione, specie l'istanza critica o coscienza morale: una parte dell'Io si pone di fronte a un'altra, la giudica in modo critico, l'assume per cosi dire come oggetto.

Si afferma così l'idea, già presente nell'Introduzione del narcisismo, secondo cui la grande opposizione tra libido dell'Io e libido oggettuale non basta a spiegare tutte le modalità del ripiegamento narcisistico della libido. La libido «narcisistica» può avere come oggetti tutta una serie di istanze costituenti un sistema complesso la cui appartenenza al sistema dell'Io è indicata dai nomi con cui Freud le designa: Io-ideale, ideale dell'Io, Super-io.

V. - La «svolta» del 1920: come si vede, questa formula, almeno per quanto riguarda l'introduzione della nozione di Io, può essere accettata solo con riserve. Tuttavia, non si può ignorare la testimonianza di Freud stesso sul cambiamento essenziale che è allora intervenuto. Se la seconda teoria topica fa dell'Io un sistema o un'istanza, ciò è dovuto al fatto che essa mira a modellarsi sulle modalità del conflitto psichico meglio di quanto non facesse la prima teoria, di cui si può dire schematicamente che prendeva per riferimento principale i diversi tipi di funzionamento mentale (processo primario e processo secondario). Sono i beneficiari del conflitto, l'Io come organo difensivo, il Super-io come sistema di divieti, l'Es come polo pulsionale, che sono ora elevati alla dignità di istanze dell'apparato psichico. Il passaggio dalla prima alla seconda topica non implica che le nuove «province» rendano invalide le delimitazioni precedenti tra Inconscio, Preconscio e Cosciente. Ma, nell'istanza dell'Io, vengono a raggrupparsi funzioni e processi che, nel quadro della prima topica, erano ripartiti tra più sistemi:

1) La coscienza, nel primissimo modello metapsicologico, costituiva un vero sistema autonomo (sistema (o del Progetto per una psicologia scientifica) per essere poi attribuita da Freud, in un modo che non fu mai privo di difficoltà, al sistema Prec; la sua posizione topica viene ora precisata come il «nucleo dell'Io».

2) Le funzioni attribuite al sistema Preconscio sono nella maggior parte inglobate nell'Io.

3) L'Io, ed è questo il punto su cui soprattutto insiste Freud, è in gran parte inconscio. Ciò è attestato dall'osservazione clinica e in particolare dalle resistenze inconsce nella cura: «Abbiamo trovato nell'Io stesso qualcosa che pure è inconscio, che si comporta esattamente come il rimosso, cioè che produce potenti effetti senza

diventare esso stesso cosciente e che richiede, per essere reso cosciente, un lavoro particolare». Freud apriva così una strada ampiamente esplorata dai suoi successori: si sono potute descrivere tecniche difensive dell'Io che non solo sono inconsce nel senso che il soggetto che ignora i motivi e il meccanismo, ma in quanto presentano un andamento coatto, ripetitivo, dereale, che le rende affini al rimosso contro cui lottano.

Questo ampliamento della nozione di Io implica che l'Io si vede attribuire nella seconda topica le funzioni più varie: controllo della motilità e della percezione, esame della realtà, anticipazione, ordinamento temporale dei processi mentali, pensiero razionale, ecc., ma anche misconoscimento, razionalizzazione, difesa coatta contro le rivendicazioni pulsionali. Come è stato osservato, queste funzioni possono essere raggruppate in coppie antinomiche (opposizione alle pulsioni e soddisfacimento delle pulsioni, insight e razionalizzazione, conoscenza obiettiva e deformazione sistematica, resistenza ed eliminazione delle resistenze, ecc.), antinomie che non fanno che rispecchiare la situazione assegnata all'Io rispetto alle due altre istanze e alla realtà (e). A seconda del punto di vista che assume, Freud pone l'accento ora sull'eteronomia dell'Io, ora sulle sue possibilità di una relativa autonomia. L'Io appare essenzialmente come un mediatore che si sforza di tener conto di esigenze contraddittorie; esso «...è sottoposto a una triplice servitù ed è quindi minacciato da tre specie di pericoli: quello proveniente dal mondo esterno, quello della libido e quello della severità del Super-io [...]. In quanto ente-frontiera, l'Io tenta di operare la mediazione tra il mondo e l'Es, di rendere l'Es docile al mondo, di rendere il mondo, tramite l'azione muscolare, conforme al desiderio dell'Es».

VI. - L'estensione assunta dalla nozione di Io nella teoria psicanalitica è attestata sia dall'interesse che ha suscitato in numerosi autori, sia dalla varietà dei loro approcci. Tutta una scuola si è posta come obiettivo di porre in relazione le acquisizioni psicanalitiche con quelle di altre discipline: psicofisiologia, psicologia dell'apprendimento, psicologia dell'infanzia, psicologia sociale, in modo da costituire una vera psicologia generale dell'Io. Tale tentativo fa intervenire nozioni come quella di energia desessualizzata e neutralizzata a disposizione dell'Io, di funzione detta «sintetica», e di una sfera non conflittuale dell'Io. L'Io è concepito soprattutto come un apparato di regolazione e di adattamento alla realtà di cui si cerca di tracciare la genesi, mediante processi di maturazione e di apprendimento, a partire dall'equipaggiamento sensoriale-motorio del lattante. Anche se si possono trovare all'origine di alcuni di questi concetti degli appigli nel pensiero freudiano, sembra più difficile ammettere che l'ultima teoria dell'apparato psichico trovi in essi l'espressione più adeguata. Certo, non è possibile contrapporre a tale orientamento dell'ego psychology una esposizione della «vera» teoria freudiana dell'Io; indubbiamente non è facile disporre in una unica linea di pensiero il complesso degli apporti psicanalitici alla nozione di Io. Tuttavia, si può tentare di raggruppare sche-maticamente le concezioni freudiane in due orientamenti, esaminando i tre problemi principali posti dalla genesi dell'Io, dalla sua posizione topica — principalmente il suo status nei confronti dell'Es — e dal concetto di energia dell'Io dal punto di vista dinamico ed economico.

A) In una prima prospettiva, l'Io appare come il prodotto di una differenziazione graduale dell'Es derivante dall'influenza della realtà esterna; questa differenziazione parte dal sistema Percezione- Coscienza, paragonato allo strato corticale di una vescicola di sostanza vivente: l'Io «...si è sviluppato da quello strato corticale dell'Es che con il suo apparato destinato a ricevere e a evitare gli stimoli in contatto diretto con l'esterno (la realtà). Partendo dalla percezione cosciente, l'Io sottopone alla propria influenza settori sempre più vasti, strati sempre più profondi dell'Es».

L'Io può allora essere definito come un vero organo che, pur subendo degli scacchi effettivi, essenzialmente, in quanto rappresentante della realtà, destinato ad assicurare un graduale dominio delle pulsioni: «Esso si sforza di far regnare l'influenza del mondo esterno sull'Es e sulle sue tendenze, cerca di porre il principio di realtà al posto del principio di piacere che regna senza restrizioni nell'Es. La percezione svolge, per l'Io, il ruolo che spetta alla pulsione nell'Es». Come dice Freud stesso, la distinzione tra Io e Es si ricongiunge allora con l'opposizione tra ragione e passioni.

In tale concezione, il problema dell'energia di cui disporrebbe l'Io non è esente da difficoltà. Infatti, se l'Io è il prodotto diretto dell'azione del mondo esterno, come può trarre da esso una energia capace di operare in seno a un apparato psichico funzionante per definizione con energia propria? Talora Freud è indotto a far inter-venire la realtà non più soltanto come dato esterno di cui l'individuo deve tener conto per regolare il proprio funzionamento, ma con tutto il peso di una vera istanza (allo stesso titolo delle istanze della personalità psichica, l'Io e il Super-io), che opera nella dinamica del conflitto. Ma, se la sola energia di cui dispone l'apparato psichico è l'energia interna proveniente dalle pulsioni, quella di cui disporrebbe l'Io non può essere che secondaria, derivata dall'Es. Questa soluzione, che è quella più general-mente ammessa da Freud, non poteva non portare all'ipotesi di una «desessualizzazione» della libido, ipotesi che probabilmente non fa che localizzare in un concetto, a sua volta molto problematico, una difficoltà della dottrina.

La concezione che abbiamo ora ricordato solleva due problemi fondamentali: da un lato, come intendere la tesi basilare di una differenziazione dell'Io in seno a una entità psichica il cui status è mal precisato, e, d'altro lato come integrare in questa genesi quasi ideale dell'apparato psichico tutta una serie di apporti essenziali e propriamente psicanalitici al concetto di Io?

Nell'idea di una genesi dell'Io sono presenti molte ambiguità, che sono state conservate da Freud nell'intera sua opera e che non sono che aggravate dal modello proposto in Al di là del principio di piacere ( Jenseits des Lustprinzips, 1920). Infatti, l'evoluzione della «vescicola vivente» accennata in questo testo può essere concepita a diversi livelli: filogenesi della specie umana, anzi della vita in generale, evoluzione dell'organismo umano o differenziazione dell'apparato psichico, a partire da uno stato indifferenziato. Quale valore va allora attribuito a questa ipotesi di un organismo semplificato che edificherebbe i propri limiti, il proprio apparato recettore e il proprio schermo antistimolo sotto l'impatto degli stimoli esterni? Si tratta di un semplice paragone destinato a illustrare con un'immagine mutuata più o meno legittimamente dalla biologia (il protozoo) la relazione dell'individuo psichico con l'esterno? In questo caso, il corpo dovrebbe essere considerato, a rigore, come facente parte dell'«esterno» rispetto a ciò che sarebbe una vescicola psichica, ma ciò sarebbe un'idea del tutto contraria al pensiero di Freud: per lui non vi è mai stata equivalenza tra le eccitazioni esterne e le eccitazioni interne o pulsioni, che attaccano costantemente dall'interno l'apparato psichico e anche l'Io, senza possibilità di fuga. Si è quindi indotti a cercare una relazione più stretta tra questa rappresentazione biologica e la sua trasposizione psichica. Freud si fonda talora su un'analogia reale esistente per esempio tra le funzioni dell'Io e gli apparati percettivi e protettori dell'organismo: come l'epidermide è la superficie del corpo, così il sistema percezione-coscienza è alla «superficie» dello psichismo. Tale concezione induce a considerare l'apparato psichico come il risultato di una specializzazione delle funzioni somatiche, l'Io come il prodotto terminale di una lunga evoluzione dell'apparato di adattamento.

Infine, a un altro livello, ci si può chiedere se l'insistenza di Freud nell'utilizzare questa immagine di una forma vivente definita dalla sua differenza di livello energetico con l'esterno, dotata di un limite lacerabile, limite che va costantemente difeso e ricostituito, non trovi il suo fondamento in una relazione reale tra la genesi dell'Io e l'immagine dell'organismo, relazione che Freud ha formulato esplicitamente solo in rare occasioni: «L'Io è anzitutto un Io corporeo, non è soltanto un essere di superficie ma è esso stesso la proiezione di una superficie» (15 e). «L'Io è in ultima analisi derivato da sensazioni corporee, principalmente da quelle che nascono dalla superficie del corpo. Esso può quindi essere considerato come una proiezione mentale della superficie del corpo oltre al fatto [...] che esso rappresenta la superficie dell'apparato mentale». Tale indicazione invita a definire l'istanza dell'Io come fondata su una operazione psichica reale consistente in una «proiezione» dell'organismo nello psichismo.

B) Quest'ultima osservazione già di per sé suggerirebbe di raggruppare tutta una serie di idee, centrali nella psicanalisi, che consentono di definire un'altra prospettiva. Essa non elude il problema della genesi dell'Io, ma cerca la sua soluzione, non già ricorrendo all'idea di una differenziazione pulsionale, ma facendo intervenire particolari operazioni psichiche, vere precipitazioni nello psichismo di tratti, di immagini, di forme mutuate dagli altri esseri umani (vedi in particolare: Identificazione; Introiezione; Narcisismo; Fase dello specchio ; Oggetto «buono» - oggetto «cattivo»). Gli psicanalisti hanno cercato di trovare i momenti elettivi e le tappe di tali identificazioni, di definire quelle che sono le identificazioni specifiche delle diverse istanze: Io, Io ideale, ideale dell'Io, Super-io. Va notato che la relazione dell'Io con la percezione e col mondo esterno assume allora un senso nuovo senza essere per questo soppressa: l'Io non è tanto un apparato che si sviluppa a partire dal sistema Percezione-Coscienza quanto una formazione interna che trova la sua origine in talune percezioni privilegiate, che provengono non dal mondo esterno in generale ma dal mondo interumano.

Dal punto di vista topico, l'Io va allora definito, anziché come una emanazione dell'Es, come un oggetto ricercato da esso: la teoria del narcisismo e la nozione correlativa di una libido orientata verso l'Io o verso un oggetto esterno, secondo un vero bilancio energetico, lungi dall'essere abbandonata da Freud con l'avvento della seconda topica, sarà da lui riaffermata fino agli ultimi suoi scritti. L'esperienza clinica psicanalitica, principalmente quella delle psicosi, apporta ulteriori argomenti a favore di tale concezione: spregio e odio dell'Io nel melanconico, dilatazione dell'Io fino a fonderlo con l'Io ideale nel maniaco, perdita delle «frontiere» dell'Io, per disin-vestimento di esse, negli stati di spersonalizzazione (come è stato messo in evidenza da P. Federn), ecc.

Infine, il difficile problema del supporto energetico che bisognerebbe riconoscere alle attività dell'Io è facilitato se esaminato in relazione con la nozione di investimento narcisistico. Il problema allora non è tanto quello di sapere cosa significhi l'ipotetico cambiamento qualitativo, chiamato desessualizzazione o neutralizzazione, quanto quello di comprendere come l'Io, oggetto libidico, possa porsi, non solo come un «serbatoio», ma anche come soggetto degli investimenti libidici che emanano da esso.

Questa seconda linea di pensiero, di cui abbiamo dato alcuni elementi, si presenta come meno sintetica della prima, rimane più aderente all'esperienza e alle scoperte analitiche; essa lascia aperto il problema di inserire organicamente in una teoria propriamente psicanalitica dell'apparato psichico tutta una serie di operazioni, di attività, che, nell'intento di edificare una psicologia generale, una scuola psicanalitica ha catalogato, come cosa ovvia, tra le funzioni dell'Io.

SUPER-IO

• Una delle istanze della personalità quale è stata descritta da Freud nel quadro della sua seconda teoria dell'apparato psichico: il suo ruolo è assimilabile a quello di un giudice o di un censore nei confronti dell'Io. Freud considera come funzioni del Super-io la coscienza morale, l'autosservazione, la formazione di ideali.

Classicamente, il Super-io è definito come l'erede del complesso di Edipo; esso si costituisce per interiorizzazione delle esigenze e dei divieti dei genitori.

Alcuni psicanalisti fanno risalire più in là la formazione del Super-io, attribuendo a questa istanza un'attività già negli stadi preedipici (Melanie Klein) o perlomeno cercando comportamenti e meccanismi psicologici molto precoci, che costituirebbero dei precursori del Super-io (Glover, Spitz, per esempio).

■ Il termine di Über-Ich è stato introdotto da Freud in L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923), ove rileva che la funzione critica così designata costituisce una istanza che si è separata dall'Io e sembra dominarlo, come è mostrato dagli stati di lutto patologico o di melanconia in cui il soggetto si vede criticato e svalutato: «Vediamo come una parte dell'Io si opponga all'altra, la giudichi criticamente e in un certo senso la assuma come oggetto».

La nozione di Super-io appartiene alla seconda topica freudiana. Ma, già prima di darle questo nome e questo senso, l'esperienza clinica e la teoria psicanalitica avevano individuato la parte svolta nel conflitto psichico dalla funzione che mira a vietare l'appagamento e la presa di coscienza dei desideri: la censura del sogno per esempio. Freud aveva perfino riconosciuto — e ciò distingueva nettamente la sua concezione da quelle classiche sulla coscienza morale — che questa censura poteva operare in modo inconscio. Egli aveva notato pure che gli autorimproveri nella nevrosi ossessiva non sono necessariamente consci: «...il soggetto che soffre di coazioni e di divieti si comporta come se fosse dominato da un senso di colpa, di cui tuttavia egli ignora tutto, di modo che possiamo chiamarlo un senso di colpa inconscio, nonostante l'apparente contraddizione in termini».

Ma è lo studio dei deliri di osservazione, della melanconia, del lutto patologico che indurrà Freud a distinguere in seno alla personalità, come una parte dell'Io eretta contro un'altra, un Super- io che assume per il soggetto il valore di modello e la funzione di giudice. Tale istanza è dapprima descritta da Freud negli anni 1914- 15, come un sistema comprendente due strutture parziali: l'ideale dell'Io propriamente detto e un'istanza critica.

Se si assume il concetto di Super-io in un senso lato e poco differenziato, come avviene in L'Io e l'Es — in cui il termine figura per la prima volta — essa comprende le funzioni di divieto e di ideale. Se si conserva, almeno come sottostruttura particolare, l'ideale dell'Io, allora il Super-io appare soprattutto come un'istanza che incarna una legge e vieta che la si trasgredisca.

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Secondo Freud, la formazione del Super-io corrisponde al declino del complesso di Edipo: il bambino, rinunciando al soddisfacimento dei suoi desideri edipici colpiti da divieto, trasforma il suo investimento nei genitori in identificazione coi genitori, egli interiorizza il divieto.

Freud ha rilevato la differenza a questo proposito tra l'evoluzione del bambino e quella della bambina: nel bambino il complesso di Edipo urta irrimediabilmente contro la minaccia di castrazione: «...gli succede un Super-io rigoroso». Nella bam-bina invece «...il complesso di castrazione, invece di distruggere il complesso di Edipo, ne prepara l'apparizione [...]. La bambina rimane in tale complesso durante un periodo indeterminato e lo demolisce soltanto tardi e in modo incompleto. Il Super-io, la cui formazione è, in queste condizioni, compromessa, non può giungere né alla potenza né all'indipendenza che gli sono necessarie dal punto di vista culturale» (3 b).

Alla base della formazione del Super-io vi è quindi la rinuncia ai desideri edipici amorosi e ostili; tuttavia, il Super-io viene arricchito, secondo Freud, dagli apporti ulteriori delle esigenze sociali e culturali (educazione, religione, moralità). D'altro canto, vi è stato chi ha sostenuto l'esistenza sia di un Super-io precoce sia di stadi percursori del Super-io prima del momento classico della formazione del Super-io. Diversi autori infatti insistono sul fatto che l'interiorizzazione dei divieti precede di molto il declino dell'Edipo: i precetti dell'educazione sono adottati molto presto e in particolare, come è stato notato da Ferenczi nel 1925, quelli dell'educazione sfinterica (Psicanalisi delle abitudini sessuali [Zur Psychoanalyse von Sexualgewonheiten). Per la scuola di M. Klein, già nella fase orale esisterebbe un Super-io che si formerebbe per introiezione degli oggetti «buoni» e «cattivi» e che il sadismo infantile, allora al suo acme, renderebbe particolarmente crudele. Altri autori, pur non parlando di un Super-io preedipico, mostrano come la formazione del Super-io sia un processo che comincia molto presto. R. Spitz per esempio reperisce tre primordio del Super- io nelle azioni fisiche imposte, nel tentativo di dominio mediante l'identificazione coi gesti, nell'identificazione con l'aggressore (quest'ultimo meccanismo avrebbe il ruolo più importante).

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È difficile determinare tra le identificazioni quelle che sarebbero specificamente in azione nella costituzione del Super-io, dell'ideale dell'Io, dell'Io-ideale e perfino dell'Io.

«La formazione del Super-io può essere considerata come un caso di identificazione riuscita con l'istanza parentale», scrive Freud nelle Nuove lezioni di introduzione alla psicanalisi (Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, 1932). L'espressione di istanza parentale indica già di per sé che l'identificazione costitutiva del Super-io non va intesa come una identificazione con persone. In un passo particolarmente esplicito Freud ha precisato quest'idea: «Il Super-io del bambino non si forma a immagine dei genitori, bensì a immagine del loro Super-io; esso si empie dello stesso contenuto, diventa il rappresentante della tradizione, di tutti i giudizi di valore, che così persistono attraverso le generazioni».

È per lo più a proposito del Super-io che viene denunciato l'antropomorfismo dei concetti della seconda topica freudiana. Ma, come è stato notato da D. Lagache, è appunto un apporto della psicanalisi quello di aver messo in evidenza la presenza dell'antropomorfismo nel funzionamento e nella genesi dell'apparato psichico e di aver scoperto delle «enclaves animistiche». L'esperienza clinica psicanalitica infatti mostra che il Super-io funziona secondo un modo «realista» e come un'istanza «autonoma» («oggetto cattivo» interno, «voce grossa»; vari autori dopo Freud, hanno sottolineato che il Super-io è molto distante dai divieti e dai precetti realmente pronunciati dai genitori e dagli educatori, al punto che la «severità» del Super-io può essere inversamente proporzionale a quella esterna.

IDEALE DELL'IO

• Termine usato da Freud nel quadro della sua seconda teoria dell'apparato psichico: istanza della personalità risultante dalla convergenza del narcisismo (idealizzazione dell'Io) e delle identificazioni con i genitori, coi loro sostituti e con gli ideali collettivi. In quanto istanza differenziata, l'ideale dell'Io costituisce un modello a cui il soggetto cerca di conformarsi.

■ È difficile delimitare in Freud un senso univoco del termine «ideale dell'Io». Le variazioni di questo concetto derivano dal fatto che esso è strettamente connesso con la graduale elaborazione della nozione di Super-io e più in generale della seconda teoria dell'apparato psichico. In L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923) ideale dell'Io e Super-io sono usati come sinonimi, mentre in altri testi la funzione dell'ideale è attribuita a un'istanza differenziata o per lo meno a una sottostruttura particolare in seno al Su-per-io.

Il termine di «ideale dell'Io» compare per la prima volta nell'Introduzione del narcisismo (Zur Einführung des Narzissmus, 1914) per designare una formazione intrapsichica relativamente autonoma che serve all'Io come riferimento per valutare le sue realizzazioni effettive. La sua origine è principalmente narcisistica: «Ciò che egli [l'uomo] proietta dinanzi a sé come suo ideale è il surrogato del narcisismo perduto della sua infanzia, in cui egli era il suo proprio ideale». Questo stato di narcisismo, che Freud paragona a un vero delirio di grandezza, è abbandonato soprattutto a causa della critica esercitata dai genitori nei confronti del bambino. Va notato che tale critica, interiorizzata sotto forma di una istanza psichica particolare, l'istanza di censura e di auto-osservazione, è distinta, nell'insieme del testo, dall'ideale dell'Io: essa «...osserva continuamente l'Io attuale e lo commisura all'ideale».

In Psicologia delle masse e analisi dell'Io (Massenpsychologie und Ich-Analyse, 1921), la funzione dell'ideale dell'Io è posta in primo piano. Freud vede in esso una formazione nettamente differenziata dall'Io che consente di spiegare, tra l'altro, il fascino amoroso, la dipendenza dall'ipnotizzatore e la sottomissione al leader: tutti casi in cui una persona estranea è messa dal soggetto al posto del suo ideale dell'Io.

Tale processo è alla base della costituzione del gruppo umano. L'ideale collettivo trae la sua efficacia da una convergenza degli «ideali dell'Io» individuali: «...un certo numero di individui hanno messo uno stesso oggetto al posto del loro ideale dell'Io e si sono quindi identificati tra loro nel proprio Io»; inoltre, questi individui, in seguito a identificazioni con i genitori, gli educatori, ecc., sono i depositari di un certo numero di ideali collettivi: «Ogni individuo fa parte di vari gruppi, è legato per identificazione da vari lati e ha costruito il suo ideale dell'Io secondo i modelli più vari».

In L'Io e l'Es, in cui figura per la prima volta il termine di Super- io, quest'ultimo è considerato come sinonimo dell'ideale dell'Io; è un'unica istanza, formata per identificazione con i genitori correlativamente al declino dell'Edipo, che riunisce le funzioni di divieto e di ideale. «I rapporti [del Super-io] con l'Io non si limitano al precetto: "Devi essere così" (come il padre), ma comprendono anche il divieto: "Non devi essere così" (come il padre), cioè non puoi fare tutto ciò che egli fa; molte cose sono riservate a lui».

Nelle Nuove conferenze sulla psicanalisi (Neue Folge der Vorlesungen zur Einführung in die Psychoanalyse, 1932), è introdotta un'altra distinzione: il Super-io appare come una struttura globale comprendente tre funzioni: «auto-osservazione, coscienza morale e funzione di ideale». La distinzione tra queste due ultime funzioni è illustrata in particolare dalle differenze che Freud cerca di stabilire tra senso di colpa e senso di inferiorità. Questi due sentimenti sono il risultato di una tensione tra l'Io e il Super-io, ma il primo è in rapporto con la coscienza morale, il secondo con l'ideale dell'Io, in quanto è amato anziché temuto.

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La letteratura psicanalitica mostra che il termine di Super-io non ha fatto cadere in disuso quello di ideale dell'Io e che i due termini non sono in generale considerati sinonimi.

Esiste una certa concordanza sul significato dell'espressione «ideale dell'io», mentre sussistono divergenze di opinioni circa la sua relazione con il Super-io e la coscienza morale. Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che gli autori chiamano Super-io ora, come Freud nelle Nuove conferenze, una struttura complessiva comprendente diverse sottostrutture, ora più specificamente la «voce della coscienza» nella sua funzione proibitrice. Per Nunberg per esempio, ideale dell'Io e istanza proibitrice sono nettamente separati. Egli li distingue in base alle motivazioni indotte nell'Io: «Mentre l'Io obbedisce al Super-io per paura della punizione, si sottomette all'ideale dell'Io per amore»; e anche in base alla loro origine (l'ideale dell'Io sarebbe modellato principalmente sull'immagine degli oggetti amati, mentre il Super-io su quella dei personaggi temuti).

Tale distinzione, pur sembrando giustificata al livello descrittivo, può difficilmente essere mantenuta in modo rigoroso dal punto di vista metapsicologico. Molti autori pertanto, seguendo l'indicazione data da Freud in L'Io e l'Es, sottolineano la compenetrazione dei due aspetti dell'ideale e del divieto. D. Lagache, per esempio, parla di un sistema Super-io - ideale dell'Io all'interno del quale egli stabilisce una relazione strutturale: «...il Super-io corrisponde all'autorità e l'ideale dell'Io al modo in cui il soggetto deve comportarsi per corrispondere all'attesa dell'autorità».

IO IDEALE

• Formazione intrapsichica che alcuni autori, distinguono dall'ideale dell'Io definendola come un ideale di onnipotenza narcisistica costruito sul modello del narcisismo infantile.

■ Freud ha coniato il termine di Idealich che si incontra nell'Introduzione del narcisismo (Zur Einführung des Narzissmus, 1914) e in L'Io e l'Es (Das Ich und das Es, 1923). Ma in lui non si trova una distinzione concettuale tra Idealich (Io ideale) e Ichideal (ideale dell'Io).

Dopo Freud, alcuni autori hanno ripreso la coppia formata da questi due termini per designare due formazioni intrapsichiche differenti.

Nunberg in particolare fa dell'Io ideale una formazione geneticamente anteriore al Super-io: «L'Io ancora inorganizzato, che si sente unito all'Es, corrisponde a una condizione ideale...». Nel corso del suo sviluppo, il soggetto lascerebbe dietro di sé questo ideale narcisistico e aspirerebbe a ritornarvi, il che si verifica soprattutto, ma non esclusivamente, nelle psicosi.

D. Lagache ha sottolineato l'interesse di una distinzione fra il polo di identificazione rappresentato dall'Io ideale e quello che è costituito dalla coppia ideale dell'Io — Super-io. Si tratta per lui di una formazione narcisistica inconscia, ma la concezione di Lagache non coincide con quella di Nunberg: «L'Io ideale concepito come un ideale narcisistico di onnipotenza non si riduce all'unione dell'Io con l'Es, ma comporta una identificazione primaria con un altro essere, investito dell'onnipotenza, cioè alla madre». L'Io ideale serve da supporto a ciò che Lagache ha denominato identificazione eroica (identificazione con personaggi eccezionali e prestigiosi): «L'Io ideale è inoltre rivelato dall'ammirazione appassionata per grandi personaggi della storia o della vita contemporanea, che sono caratterizzati dalla loro indipendenza, dal loro orgoglio, dal loro ascendente. Col progredire della cura, si vede delinearsi ed emergere l'Io ideale come una formazione irriducibile all'ideale dell'Io». Secondo D. Lagache la formazione dell'Io ideale ha implicazioni sado-masochistiche, in particolari: la negazione dell'altro correlativa all'affermazione di sé.

Anche per J. Lacan l'Io ideale è una formazione essenzialmente narcisistica che trova la sua origine nella fase dello specchio e appartiene alla dimensione dell'immaginario.

Al di là della divergenza delle prospettive, questi vari autori si incontrano sia nell'affermazione che è utile specificare nella teoria psicanalitica la formazione incpnscia dell'Io ideale, sia nell'accento posto sul carattere narcisistico di tale formazione. Va notato peraltro che il testo in cui Freud introduce il termine pone, all'origine della formazione delle istanze ideali della personalità, il processo di idealizzazione con cui il soggetto si propone di riconquistare lo stato detto di onnipotenza del narcisismo infantile.

IO-PIACERE — IO-REALTÀ

• Termini utilizzati da Freud con riferimento a una genesi della relazione del soggetto con il mondo esterno e dell'accesso alla realtà. I due termini sono sempre opposti l'uno all'altro, ma con accezioni troppo diverse perché si possa proporre una loro definizione univoca, e con significati che si intersecano troppo perché possano essere fissati con molteplici definizioni.

■ L'opposizione tra Io-piacere e Io-realtà è formulata da Freud principalmente in: Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico (Formulierungen über die zwei Prinzipien des psychischen Geschehens, 1911), Pulsioni e loro destino (Triebe und Triebschicksale, 1915) e La negazione (Die Verneinung, 1925). Notiamo anzitutto che questi testi, che corrispondono a momenti diversi del pensiero di Freud, presentano tuttavia una loro continuità e non accennano minimamente alle modificazioni apportate, nel passaggio dalla prima alla seconda topica, alla definizione dell'Io.

1) In Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico, l'opposizione tra Io-piacere e Io-realtà si ricollega a quella esistente tra principio di piacere e principio di realtà. Per designare l'evoluzione delle pulsioni dell'Io Freud utilizza qui i termini di Lust- Ich e Real-Ich. Le pulsioni che funzionano dapprima secondo il principio di piacere si sottopongono gradualmente al principio di realtà, ma tale evoluzione è meno rapida e meno completa per le pulsioni sessuali, che sono più difficili da «educare» delle pulsioni dell'Io. «Come l'Io-piacere non può fare altro che desiderare, lavorare per ottenere il piacere ed evitare il dispiacere, così l'Io-realtà non ha altro da fare che tendere verso l'utile e garantirsi contro i danni». Va notato che l'Io è qui considerato essenzialmente sotto l'angolo delle pulsioni che gli forniscono un supporto energetico; Io-piacere e Io-realtà non sono due forme radicalmente diverse dell'Io, ma definiscono due modi di funzionamento delle pulsioni dell'Io, secondo il principio di piacere e secondo il principio di realtà.

2) Anche in Pulsioni e loro destino, si ha una prospettiva genetica, ma l'attenzione non è rivolta alla connessione tra i due principi né all'evoluzione delle pulsioni dell'Io, bensì alla genesi dell'opposizione soggetto (Io) - oggetto (mondo esterno) in quanto essa è correlativa all'opposizione piacere-dispiacere.

In questa prospettiva, Freud distingue due fasi: la prima, in cui il soggetto «...coincide con ciò che è piacevole e il mondo esterno con ciò che è indifferente», la seconda in cui il soggetto si oppone al mondo esterno come il piacere al dispiacere; nella prima fase il soggetto è denominato Io-realtà, nella seconda Io-piacere. Come si vede, la successione dei termini segue un ordine opposto rispetto al testo precedente, ma questi termini, e in particolare quello di Io-realtà, non sono usati nella stessa accezione: l'opposizione tra Io-realtà e Io-piacere precede qui l'introduzione del principio di realtà e il passaggio dall'Io-realtà all'Io-piacere «...si compie sotto la supremazia del principio di piacere».

Questo «Io-realtà dell'inizio» è caratterizzato, per Freud, dal fatto «...che esso distingue interno ed esterno secondo un buon criterio obiettivo»; tale proposizione potrebbe essere intesa nel senso che è senz'altro una posizione obiettiva riferire al soggetto le sensazioni di piacere e di dispiacere senza farne qualità del mondo esterno, che di per sé è indifferente.

Come si costituisce l'Io-piacere? Il soggetto, al pari del mondo esterno, si trova scisso in una parte piacevole e una parte spiacevole; ne risulta una nuova ripartizione, in cui il soggetto coincide con tutto il piacevole e il mondo con tutto lo spiacevole; questa ripartizione si compie mediante una introiezione della parte degli oggetti del mondo esterno che è fonte di piacere e con la proiezione all'esterno di ciò che è all'interno occasione di dispiacere. Questa nuova posizione del soggetto consente di definirlo come «Io-piacere purificato», in quanto tutto lo spiacevole si trova fuori di esso.

Come si vede, in Pulsioni e loro destino il termine di Io-piacere non significa più soltanto Io retto dal principio di dispiacere-piacere, bensì Io identificato con il piacevole in opposizione allo spiacevole. In questa nuova accezione, sono ancora due tappe dell'Io che vengono contrapposte, ma questa volta esse sono definite in base a una modificazione del suo limite e dei suoi contenuti.

3) In La negazione, Freud utilizza ancora la distinzione tra Io-piacere e Io-realtà, nella stessa prospettiva del testo precedente: come si costituisce l'opposizione soggetto-mondo esterno? L'espressione di «Io-realtà dell' inizio» non e ripresa letteralmente: tuttavia non pare che Freud abbia rinunciato a questa idea, giacché sostiene che il soggetto dispone immediatamente di un accesso obiettivo alla realtà: «All'origine, l'esistenza della rappresentazione è una garanzia della realtà del rappresentato».

La seconda fase, quella dell'«Io-piacere» è descritta con gli stessi termini che in Pulsioni e loro destino: «L'Io-piacere originario [...] desidera introiettarsi tutto ciò che è buono e rigettare fuori di sé tutto ciò che è cattivo. Per esso, il cattivo l'estraneo all'Io, ciò che si trova fuori, sono inizialmente identici» (3 b).

L'«Io-realtà definitivo» corrisponderebbe a una terza fase, quella in cui il soggetto cerca di ritrovare nell'esterno un oggetto

reale corrispondente alla rappresentazione dell'oggetto inizialmente soddisfacente e perduto: è questa la molla dell'esame di realtà.

Questo passaggio dall'Io-piacere all'Io-realtà dipende, come nelle Precisazioni sui due principi dell'accadere psichico, dall'instaurazione del principio di realtà.

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L'opposizione tra Io-piacere e Io-realtà non è mai stata integrata da Freud nell'insieme delle sue tesi metapsicologiche e in particolare nella sua teoria dell'Io come istanza dell'apparato psichico. È evidente tuttavia che sarebbe interessante stabilire tale connessione, in quanto ciò faciliterebbe la soluzione di un certo numero di difficoltà della teoria psicanalitica dell'Io:

1) Le concezioni freudiane sull'evoluzione dell'Io-piacere e dell'Io-realtà costituiscono un tentativo per stabilire una mediazione, una genesi, perlomeno mitica, tra l'individuo biopsicologico (assimilabile secondo noi all'«Io-realtà dell'inizio» posto da Freud) e l'Io come istanza.

2) Esse pongono all'origine di tale genesi delle operazioni psichiche primitive di introiezione e proiezione con cui si costituisce il limite di un Io che comporta un interno e un esterno.

3) Esse hanno il merito di dissipare l'equivoco — che non ha cessato di pesare sulla teoria psicanalitica — inerente a termini come quello di narcisismo primario*, che viene spesso inteso come un ipotetico stato originario durante il quale l'individuo non avrebbe, alcun accesso, neppure rudimentale, al mondo esterno.